Al mio compagno sconosciuto

Ti ho colto come una virgola inscritta nelle pagine fitte della mia vita contenuta. Sei un esplosione di sensi che protegge gelosamente la goccia primordiale del mio essere donna. Sconosciuto ai miei occhi, compagno di vita eterna mi hai guardato desiderandomi. Ogni giorno mi rendi caleidoscopio di esperienze rare imboccandomi di vita. Tu non mi sazi mai e ancora non ti ho assaggiato. Sensuale possibilità mi cerchi sicuro dei tuoi desideri.

Colli

Colli di dame agghindati

Sarah

Giullare agli occhi del mondo vivi profonde ampiezze. Viaggi in spessori fluidi deridendo il limite naturale. Libera di nascita tu spaventi l’intelligenza stabilita. Sola ti ergi proiettata in visioni nuove, conscia delle distanze che marcano i tuoi legami.

Remo

Mordi spizzichi di vita già vissuta pensando di sovrascrivere il vuoto che ti logora. Bugiardo a te stesso sprechi il respiro divino mentre alla tua progenie regali catene di schiavitù infinite. Io salgo su quei lacci d’oro e ballo suoni di libertà alla mia discendenza attonita. Guardami! Il mio occhio non porta trucco.

Il parto

Vorrei non sentire. Vorrei avere il cuore addormentato e non dover vivere questa notte infame. Io sono là dove non esisto. Partorisco una vita non mia e mi lego all’amore estraneo. Vorrei non sentire. Vorrei non essere ciò che sono. Vorrei evaporare ma un abbraccio stretto mi chiede sostanza. No stasera no.

Le ragazze Ceriani

Come tre grazie sono apparse da una folla compatta e fredda. Simili nel dolce sorriso e complici negli occhi vispi. Non più bambine, mi salutano incredule e sicure. E’ la gioia di un incontro che affonda i piedi in un passato d’affetto. Nei tre volti l’elegante potenza della loro splendida giovinezza che sovrascrive, nella mia memoria, le tre facce bambine. Che gioia leggere in questo modo il tempo.

Intuizione

Mi riempi, ma non dispongo di te. Saturi i miei pensieri concentrati o rilassati, ma mi abbandoni quando la stanchezza mi svuota e io mi sento un arto amputato. Stanco e amputato.

Pastasciutta

Ti mastico e ti assaporo perché sei la mia preferita, ma poi tu , birichina, mi scivoli addosso e ti innamori del mio sedere che rendi la tua eterna dimora. Ahimè, me meschina, che destino…. Così con un guizzo di ricciolo ho deciso di trasformare tale condanna in bellezza; ho alzato le spalle, mostrato il petto al sole, inarcato la schiena e ora ti porto addosso fiera del tuo attaccamento alle mie natiche.

Tavola

Tavola, imbandita di Natale, ci offri nei piatti la vita. Io mi siedo e mangio.

Milano

Cosi’ tu mi seduci citta’.