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Il vecchio che amava i libri

La vita gli era scivolata nei libri da un tempo tale che la sua mente aveva ormai dimenticato.
Ma come è possibile ricordare quando la ricerca si trasforma in risultato? Il desiderio in felicità?
Da giovane il suo spirito entusiasta gli aveva donato una doppia vita; una nel mondo della volontà e delle azioni dentro al tempo scandito ed una seconda nel mondo dei significati dentro alle parole scritte ove il tempo è solo artifizio.
Ma la sua vita scandita era precocemente sfumata sotto al peso della fatica, si era avvizzita, come una prugna secca, fino ad arrivare a dissolversi, come un corpo morto, nella vecchiaia. Non era stata una vita vuota o sfortunata; era solo stata una vita ordinaria nella quale allo sforzo non aveva quasi mai corrisposto la soddisfazione, e la delusione aveva così preso sempre più spazio allagando i desideri finché questi si erano sciolti come il sale in un mare di coscienti rinunce, necessarie, ai suoi occhi, per mantenere integra quel poco di energia rimasta. Poi era stato il turno degli acciacchi di salute che avevano ingigantito il senso di fatica mortale e schiantato la sua quotidianità contro quel grande platano che è l’inattività.
Eppure lui era un uomo felice.
Il suo fuoco, se pur affievolito, non si era spento nelle rinunce. Troppo grande era la riserva di legna ove il tempo era artifizio.
E lì, alla luce tremula di una candela, i desideri erano diventati contagiosi a tal punto da rendere l’uomo immune alle delusioni ed all’abitudine. Le parole erano diventate lo spazio ove lui sapeva la propria esistenza capace di accumulare energia come una molla compressa e di rilasciarla sotto forma di vita senza il bisogno di alcun fatto compiuto o di altro essere umano.
Si sapeva uomo vorace e saziava la sua fame con la conoscenza e, come dopo ogni pranzo che si rispetti, lui, poi, sentiva le proprie viscere appagate di senso ed il cuore sazio di amore.
Questa era diventata la sua vita e così lui ora passava le sue gornate da quando, quel giorno dimenticato, aveva trasformato la ricerca in risultato e il desiderio in felicità.

Il libro

Se lo girava tra le mani con movimenti a metà tra il riverente e l’urgente, come quando si sa di avere un tesoro tra le dita che potrebbe rompersi in un istante. A palmi aperti accarezzava con i polpastrelli la figura dipinta in copertina attardandosi un poco sulle lettere che componevano il titolo poiché provava un piacere tattile nell’accarezzare un tale spessore di parole umane. Mise il libro in verticale e passò i pollici su e giù sulle pagine ingiallite dal tempo sentendo il solletico della cultura. Le sue dita stavano sostenendo tutto il pensiero umano raccontato in una storia. Lei provava meraviglia. Era arrivato per posta; un libro già usato, carico delle emozioni di chi in precedenza lo aveva posseduto. Così la donna aveva comprato non solo la storia della filosofia, ma anche la vita di chi con lei aveva passato la notte. Aprendolo a caso, si accorse di poter leggere accanto alle parole stampate quelle appuntate da sconosciuti che, prima di lei, avevano amato lo scorrere del pensiero narrato. Una firma in blu che il tempo aveva spostato verso il porpora; Eugenio. Di Eugenio ora lei sapeva che era nato nel 1972 e che per un certo periodo della sua vita aveva amato i riccioli sulle “i” e l’ Etica di Spinoza. Un amore leggero, tremulo, che quasi ha paura ad appuntarsi i concetti perchè non suoi. Sicuramente un amore obbligato e poi velocemente dimenticato. A lei faceva molto strano una firma così abbondante in confronto alla secchezza delle linee si sottolineatura e alla leggerezza delle parentesi laterali tracciate; e poi gli asterichi, tutti quegli asterischi a fianco dei capitoletti, quasi a dire: ” fatto” ” studiato” “andato”. Sì forse Eugenio aveva anche perso tempo in quel libro. Certo è che dentro a quel libro c’erano tutti i filosofi, c’era l’autore e c’erano i lettori passati. Ora lei poteva far sua tanta abbondanza di menti e parole. Il libro proveniva dal passato, quasi remoto, ma era arrivato nelle sue mani attraverso la più recente tecnologia, passando dal presente quasi futuro. Tale pensiero accresceva in lei l’entusiasmo per questo oggetto che possedeva dentro di sé il risultato ottenuto dal massimo sforzo delle menti di molti. Si abbandonò a lui, immergendosi nelle parole che la portarono in epoche estranee per restituirle concetti familiari, raccontati nel tempo che scorre. Dimentica del mondo esterno lei entrò nelle lettere delle parole, fin dentro al loro scheletro, e le fece ballare poi sulla propria musica fino a che la notte divenne chiara e nuove idee le nacquero in testa. Allora chiuse il libro soddisfatta e, paga, si addormentò. Sognò l’amore per le parole. Sognò il linguaggio, suo amante, con il quale giocava giochi proibiti. Sognò il tomo che le aveva portato in dono il frutto della passione nutrita dai sapienti del passato. Poi semplicemente sognò.