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Il libro

Se lo girava tra le mani con movimenti a metà tra il riverente e l’urgente, come quando si sa di avere un tesoro tra le dita che potrebbe rompersi in un istante. A palmi aperti accarezzava con i polpastrelli la figura dipinta in copertina attardandosi un poco sulle lettere che componevano il titolo poiché provava un piacere tattile nell’accarezzare un tale spessore di parole umane. Mise il libro in verticale e passò i pollici su e giù sulle pagine ingiallite dal tempo sentendo il solletico della cultura. Le sue dita stavano sostenendo tutto il pensiero umano raccontato in una storia. Lei provava meraviglia. Era arrivato per posta; un libro già usato, carico delle emozioni di chi in precedenza lo aveva posseduto. Così la donna aveva comprato non solo la storia della filosofia, ma anche la vita di chi con lei aveva passato la notte. Aprendolo a caso, si accorse di poter leggere accanto alle parole stampate quelle appuntate da sconosciuti che, prima di lei, avevano amato lo scorrere del pensiero narrato. Una firma in blu che il tempo aveva spostato verso il porpora; Eugenio. Di Eugenio ora lei sapeva che era nato nel 1972 e che per un certo periodo della sua vita aveva amato i riccioli sulle “i” e l’ Etica di Spinoza. Un amore leggero, tremulo, che quasi ha paura ad appuntarsi i concetti perchè non suoi. Sicuramente un amore obbligato e poi velocemente dimenticato. A lei faceva molto strano una firma così abbondante in confronto alla secchezza delle linee si sottolineatura e alla leggerezza delle parentesi laterali tracciate; e poi gli asterichi, tutti quegli asterischi a fianco dei capitoletti, quasi a dire: ” fatto” ” studiato” “andato”. Sì forse Eugenio aveva anche perso tempo in quel libro. Certo è che dentro a quel libro c’erano tutti i filosofi, c’era l’autore e c’erano i lettori passati. Ora lei poteva far sua tanta abbondanza di menti e parole. Il libro proveniva dal passato, quasi remoto, ma era arrivato nelle sue mani attraverso la più recente tecnologia, passando dal presente quasi futuro. Tale pensiero accresceva in lei l’entusiasmo per questo oggetto che possedeva dentro di sé il risultato ottenuto dal massimo sforzo delle menti di molti. Si abbandonò a lui, immergendosi nelle parole che la portarono in epoche estranee per restituirle concetti familiari, raccontati nel tempo che scorre. Dimentica del mondo esterno lei entrò nelle lettere delle parole, fin dentro al loro scheletro, e le fece ballare poi sulla propria musica fino a che la notte divenne chiara e nuove idee le nacquero in testa. Allora chiuse il libro soddisfatta e, paga, si addormentò. Sognò l’amore per le parole. Sognò il linguaggio, suo amante, con il quale giocava giochi proibiti. Sognò il tomo che le aveva portato in dono il frutto della passione nutrita dai sapienti del passato. Poi semplicemente sognò.