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A mio padre

Quando sei diventato padre? Quando, mentre le lavavi il sedere, lei ha messo le sue piccole dita bagnate dentro nella presa elettrica e tu le hai tirato una sonora sculacciata sul sedere che stavi lavando con la forza di un uomo spaventato dalla pericolosità di un gesto. Lei non ricorda di aver messo le dita nella presa, ma ricorda il pianto dal male dopo la sculacciata e ricorda anche le tue parole: “Ho dovuto farlo, per farti capire che è pericoloso e non lo devi mai più fare.” Qualcosa però è scattato in te quel giorno lontano nel bagno della casa all’ottavo piano. Tu la scossa l’hai presa. Sai non hai mai più usato le mani con lei, ma hai riempito la parola papà di presenza, scelte, azioni e soprattutto parole.
C’eri ogni sera per farla giocare …. come adorava essere trascinata dalle tue gambe mentre camminavi per la casa con lei appesa alle tue caviglie. Però questa è cosa facile!
C’eri ad incitarla a prendere quel maledetto pallone invece di correre come una pazza per il campo senza riuscire a combinare nulla. Però questa è cosa facile!
Hai festeggiato ogni suo compleanno, l’esame di seconda elementare, quello di quinta, quello di terza media, la maturità; l’hai presentata al mondo quando ha compiuto diciotto anni con una festa tutta d’oro; hai aspettato un’interra giornata in piedi in un corridoio della facoltà per ascoltarla laurearsi e l’hai poi festeggiata la sera. Però queste sono cose facili!
Hai instaurato rapporti di lavoro con lei, certo perché era tua figlia, ma anche perché era brava e tu avevi visto le sue capacità professionali, così oltre che padre e figlia siete diventati due professionisti che si confrontavano su questioni di lavoro e lei ha avuto lo spazio necessario per diventare donna in questo unico rapporto tra padre e figlia. Questa non è una cosa proprio facile!
L’hai tirata giù dal letto quando il primo grande dolore della sua vita l’aveva immobilizzata. L’hai poi portata all’altare e hai preso in braccio il suo bambino … chissà cosa hai pensato dentro di te quando hai visto quella bellissima piccola creatura che se la dormiva pacificamente ….
Sono state le tue braccia che hanno fermato il suo corpo che, in preda al dolore più profondo per l’abbandono del suo amato, non smetteva di tremare procurandole convulsioni e vomito. Lì, tra le tue braccia, lei ha messo un piede avanti all’altro ed ha ricominciato a camminare. Ma questo in fondo è facile!
Quando la malattia è arrivata, hai lasciato che lei facesse le sue scelte, supportandola e confermando ogni suo passo. Ti sei, poi, seduto con lei, in quella stanza costosissima, per ascoltare dal luminare che la malattia aveva vinto e non c’era più cura per guarire. Eri seduto accanto a lei quando una voce non così luminare ha sentenziato che la vita ci sarebbe stata solo finché il suo cuore avesse retto la chemio.
Sei sceso con lei all’inferno, ma solo il tempo di prenderla per mano, guardarla negli occhi e dirle: “Non esiste che tu muoia prima di me, tu vivrai e vedrai tuo figlio crescere e lo accompagnerai a lungo nella vita”. Lo sai papà come Dio ha creato tutte le cose del mondo e del universo? Le ha pronunciate e poi si è compiaciuto del prodotto delle sue parole. Devi essere padre per sapere che le parole sono sostanza ed hanno il potere di creare futuro. Tu quello hai fatto là giù all’inferno; mi hai restituito la vita pronunciandola per me. E questo è divino!
Ecco la scelta che hai fatto nel bagno all’ottavo piano cinquanta anni or sono. Sei diventato il significato più profondo dell’essere padre, continuando a creare vita per me, solo pronunciandola. Sei la parte maschile di Dio, tu la sai vero?
Sì, è vero, c’è il Tdm-1, c’è la melatonina, l’aloe, la magnolia e la dieta e se non basteranno ci saranno le sperimentazioni, ma io vivrò solo perché tu hai parlato la mia vita.
Io vivrò perché tu sei il mio verbo; io vivrò perché tu non smetti mai di essere mio padre, perché non smetti mai di crearmi, parlandomi.