Laura

Aveva trent’anni, o poco più, o poco meno. A guardarla però sembrava una ragazzina. Era entusiasmo, era azione, era sorriso. Faceva un lavoro così. Il suo pensiero, quando capitava di dover prestare aiuto in giorni dove il tempo era tanto cupo da spegnere anche la più profonda speranza, le faceva dire: “Meglio, se mi ammalo domani non dovrò lavorare!” Lei non aveva ancora venduto l’anima alla sua professione. La sua giovane età era riempita da innumerevoli distrazioni che la impegnavano in un, direi, frenetico, giringirare con l’intento di occuparsi di ogni diversivo le fosse proposto per nutrire la sua voglia di vivere. Il suo corpo non era dotato di forme perfette, ma possedeva il sole dentro, così ogni essere umano amava fermarsi vicino a lei per scaldarsi. Possedeva il fascino delle curve giovani ancora non impreziosito dalla sensualità della maturità e lei lo usava inconsciamente, come fanno le giovani donne che ancora devono scoprire la propria infinta potenza. Era amata per il suo sole e per il suo corpo. Ragazza normale eppure rara. C’era qualcosa in lei cui non era facile dare un nome, ma lei pareva totalmente inconsapevole di ciò, così non era possibile capire cosa fosse. Era una giovane donna ancora ragazza, una tra tante che riempiono le nostre strade.
Una sera la vidi ferma davanti ad un bar con il suo gin tonic in mano avvicinarsi alla band che suonava. Con i suoi modi gentili disse qualcosa all’orecchio del musicista che annuì con la testa; la band le fece spazio tra gli strumenti, lei appoggiò il gin tonic che sostituì in mano con un microfono, poi chiuse gli occhi. Piccoli istanti per creare silenzio dentro di sé e dentro ogni singola persona fosse in quel bar. Gli strumenti attaccarono, lei aprì gli occhi e la sua voce iniziò a riempire lo spazio intorno e riempito quello passò a colmare ogni singola cassa toracica per poi inondare ogni singolo cuore. Una voce nata perfetta, rotonda ed avvolgente, capace di scaldare le corde di chiunque e trascinarle in un mondo di emozioni da far tremar le gambe e obbligare a sedersi inchiodati a quei suoni. Lei, cantando, sapeva spingere una folla dentro nella musica e da lì portarla poi ad ascoltare il proprio respiro sincronizzato su note pronunciate con potenza divina. Su quel palco improvvisato era sparita la giovane donna ancora ragazza, quella tra tante che riempiono le nostre strade ed era emersa la signora della musica, donna rara nel mondo umano che col solo suono della propria voce incanta e porta ogni essere umano a godere per qualche istante della perfezione di sé dentro alla musica. Così quella notte ha dato un nome a ciò che sfuggiva. Lei era la musica che accompagna ognuno nel proprio viaggio. Per questo era amata.