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Taxi Driver

Le loro auto avevano appena concluso uno strano balletto non pensato ne’ voluto. Si erano mosse in funzione l’una dell’altra nell’angusto spazio di fronte alla torre fino a fermarsi parallele. “Io devo aspettare “ aveva detto Lei. “anch’io” aveva rimbalzato lui; poi si erano sorrisi come se si conoscessero da sempre, ma in realta’ erano solo due estranei trovatisi a compiere la medesima azione nel medesimo piccolissimo luogo. Qualcosa pero’ era scattato. Lei lo guardo’ dritto negli occhi, inclinando un po’ la testa sul lato in modo spudorato, come se fosse una cosa normale tra estranei. Lui allora era sceso ad aprire tutte le portiere, bagagliaio compreso, restituendole senza smettere, un altrettanto insolito sguardo di sfida misto a docezza; poi aveva preso a parlarle: “anche tu aspetti qualcuno?” “Si, mio figlio, beh tutta la squadra, li porto al treno.” “Anch’io tutta una squadra, la porto al treno”. “ Ma tu sei un vero taxista?” “ Si!”
Qualche altra parola buttata li’… Non era il suono delle parole quello che entrambi stavano ascoltando, ma un potentissimo richiamo che stava sotto alle parole parlate e dentro agli sguardi lanciati. Eco dell’umano esistere.
Non ci fu tempo per altro perche’ il primo gruppo di ragazzi era arrivato e l’attenzione di tutti fini’ su una bottiglia di Champagne dimenticata nel bagagliaio.
Ragazzi e borse caricati in macchina, le venne l’istinto di invitarlo a cena, cosi’ senza sapere nulla di lui; ma il suo corpo fu piu’ veloce della sua mente e si ritrovo’ al volante senza piu’ possibilita’ di azione.
Occasione persa, ma non l’insolito dialogo sotto alle chiacchiere.
Alla prossima taxi driver.

L’inchino

Avete presente le calde giornate di prima estate? Quelle in cui i tacchi sprofondano nel cemento ed è impossibile camminare al sole perché brucia la pelle già abbronzata? Lei ci stava camminando dentro per andare a fare colazione con l’amica di sempre. Portava una canotta senza intimo ed una gonna sotto al ginocchio, messe un poco a caso e non proprio coordinate, non aveva trucco se non il colore del fine settimana al sole, solo i piedi erano particolarmente curati dentro ai sandali alti. Era in cuffia; ascoltava la musica, sentita un milione di volte, solo perché fa star bene. Stava vagando nei suoi pensieri, erano bei pensieri, di quelli che sfamano. A guardarla appariva beata. Le canzonette facevano da colonna sonora ai ricordi di quel fine settimana non programmato che le aveva regalato un turbinio di sensazioni sepolte o forse nemmeno mai provate. Era stato uno di quei week end che ti risvegliano un poco più donna e lei se lo era goduto tutto. Lo aveva bevuto, ma ancora non digerito perché voleva tenerselo dentro per poterlo rivivere qualche altra volta.
In quel particolare momento era tornata nel pieno della notte, quando era uscita sul terrazzo a godersi l’aria notturna, ma poi era stata distratta da una sensazione improvvisa di caldo ai piedi che l’aveva stravolta. Su tale sensazione lei rise appagata, vedendo il mondo davanti a sé, senza però guardarlo. E fu lì che lo notò. Era un uomo sulla cinquantina in giacca blu, di quelle estive che permettono al corpo di respirare, aveva pochi capelli ed era abbronzato. Lei notò che si era sorpreso al suo riso, ed ora la guardava con gli occhi a mezzo ammirati ed a mezzo stupiti. Forse aveva pensato che quel sorriso fosse per lui, ma non lo era; era per un altro corpo. Lei però rispose a quel gesto gentile, restituendogli un sorriso fatto di occhi e di bocca, movimenti impercettibili, che lui acchiappò. A quella replica lui reagì; si spostò, si mise sul fianco per darle strada e poco prima che lei passasse si inchinò con la mano sul cuore. Lei gli passò davanti senza smettere di guardarlo negli occhi e senza togliersi di dosso l’inclinazione delle labbra e non appena gli fu di fianco rese ancora più profondo il sorriso di occhi e di bocca. Poi passò oltre senza cambiare il ritmo dei suoi passi, riempita da quel gesto inaspettato. Caspita! non le era mai capitato di passare al fianco di un uomo inchinato al suo sorriso; il sole al confronto impallidì! Lei tornò al pensiero di ciò che l’aveva resa così bella da far piegare un uomo incontrato per caso all’incrocio. Quel pensiero le mise sete.