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La terza età

Erano anni grassi quelli in cui lei era nata, tutto era abbondante; così pure la vita che si era allungata a dismisura tanto che venivano continuamente inserite nuove età. La terza, aveva lasciato il posto alla quarta, poi alla quinta ad in fine alla sesta, età nella quale, pare, fosse ora lecito morire. Lei ricordava l’ultima età dei suoi nonni che era stata la terza. In realtà quel periodo era durato circa trent’anni, durante i quali i progenitori avevano vissuto da vecchietti, idealmente malati, senza mai uscire di casa e in attesa della morte che però si era fatta aspettare fin ben oltre i loro novant’anni con grande felicità della donna, allora giovane donna, che adorava andare a mangiare risotto, frittata di pane e caffelatte da loro. I due vecchietti alla fine si erano abituati a questa terza età che non finiva mai, perché trent’anni son tanti, e alla morte avevano smesso di pensare, ma rimasero comunque sempre idealmente malati e sempre chiusi in casa, tranne che per andare a fare la spesa. Anche queste sporadiche uscite erano però sempre identiche, soprattutto per gli alimenti comprati che consistevano in: formaggio crescenza, prosciutto crudo, pane, patate, prezzemolo, uova, riso, verdure verdi da fare crude e cotte, grana, mele e tamarindo. Ogni cosa doveva essere sempre la stessa per qualità e quantità, in onore della morte in arrivo; così per colazione si mangiava caffelatte e pane secco, per pranzo, risotto o pastasciutta con verdure cotte, formaggio e purè o patate olio e prezzemolo, per cena frittata col pane, prosciutto e mele cotte. Il tamarindo serviva per la granita di metà pomeriggio.

La donna ancora conservava nell’orecchio il rumore del trita ghiaccio rosso e bianco e, ogni volta che un suono simile la colpiva, le tornava in bocca il sapor di granita; allora lei sospendeva ogni attività la stesse occupando, si sedeva e, semplicemente, sorseggiava quel liquido passato pensando ai suoi due nonnini, un tempo tanto amati.
La sua era, non era un tempo che sapeva contemplare la morte; non c’era età in cui essa fosse considerata; figuriamoci attesa. Così ora alla donna, ormai sulla soglia della propria terza età, si erano un poco confuse le idee perché, a lei, la vita era andata chiudendo molti capitoli; la maggior parte dei quali in anticipo sulle previsioni di una normale esistenza se non addirittura nel momento in cui ancora si trovavano al loro stato embrionale e perciò l’età che avrebbe dovuto chiudere e tirare le somme di un’intera vita si trovava in totale mancanza di argomenti e la lasciava spiazzata.
Terza, quarta, quinta, sesta età; ma cosa diavolo ci avrebbe fatto lei? Il matrimonio era chiuso e dimenticato; i figli ormai indipendenti e senza più richieste di accudimento; il lavoro si era esaurito di suo; anche una grave malattia era sopraggiunta ma poi passata. Cosa mai ancora mancava alla sua vita? L’unica cosa che le veniva in mente era la permanenza; tutto si era contratto e risolto in corti; anche la malattia, che era grave e che al tempo dei suoi nonni l’avrebbe lentamente e dolcemente avvicinata alla morte, per lei era stata invece un episodio, uno dei tanti, venuto e andato.
Così, ora, sulla soglia della terza età, le toccava nuovamente inventarsi qualcosa “da” vivere perché non c’era più nulla “per cui” vivere essendo i capitoli della sua vita praticamente tutti già chiusi.
Poiché non poteva concedersi la stagione del raccolto, doveva nuovamente piegarsi alla semina.
Che fatica! – pensò.
La sua terza età veniva così molto ad assomigliare a quella che chiamavano adolescenza con due uniche diversità: il fatto che avvenisse non dopo l’età dell’incoscienza, bensì dopo un’intera vita vissuta e per la spinta alla vita che era basata sull’entusiasmo delle premesse, nella prima età d’oro, mentre poggiava i suoi piedi sulla disillusione nata delle molte conclusioni occorse, nella seconda.
Quegli anni grassi avevano reso la sua vita una serie di cortometraggi non abbastanza lunghi da occupare tutta una esistenza; così ora a lei toccava, da buona regista, trovare un nuovo copione da voler mettere in scena e spendere la sua terza età e forse anche la quarta nel casting di nuovi attori, significati e scene.
L’immobile attesa chiusa sul passato e sul futuro, propria degli ultimi anni dei suoi nonnini, in lei era invece diventata dinamica aspettativa aperta su un futuro ancora pieno di promesse giovanili solo date in assaggio, ma mai compiutamente concesse.
E’ in questo modo che l’età moderna ha sconfitto la morte: negando il tempo della contemplazione contemporanea della vita vissuta assieme alla morte da vivere ed imponendo continuamente nuove adolescenze di un’esistenza resa episodi in serie.
Eterna giovinezza.