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Storie di Orza Minore Scuola di Vela: la regata di Napoli

Le tranquille acque del lago ci salutano ancora sposate alla notte. Sembrano due amanti abbracciati che si girano assieme dall’altra parte infastiditi dal rombo del nostro motore quel tanto che basta per muoversi, ma non certo per svegliarsi. Scivoliamo nell’alba percorrendo la striscia d’asfalto che ci depositerà al tramonto in terra partenopea. La squadra, al completo, e’ stipata nel furgone; ognuno seduto al fianco del proprio sogno. Le barche silenziose ci seguono al traino. Milano, Bologna, Firenze, Roma, Capua, gasolio, il furgone non accelera, quattro frecce, piazzola sos, non si va avanti.
Buio.
Riccardo, il coach, cerca di capire se c’è qualcosa che si possa fare per ripartire. Io chiamo a raccolta tutti gli aiuti possibili così lontano da casa. Un papà in trasferta lavorativa nelle vicinanze, la seconda macchina partita da Milano che ci segue a qualche ora, una famiglia di Formia che ha affidato alla scuola il suo ragazzo con il cuore pieno di passione per questo sport; ma tutti i nostri sforzi non bastano: bisogna chiamare il carroattrezzi. La regata dei nostri ragazzi viene salvata dal grande cuore dei Napoletani che, saputa la nostra situazione, non ci pensano un minuto a venire in nostro soccorso con il loro pulmino e trainano per noi le imbarcazioni fino in citta’.
E’ notte inoltrata quando riusciamo a sederci a cena, Ciro, il proprietario dell’appartamento che abbiamo preso in affitto, ha fatto restare aperta la cucina di una delle migliori pizzerie di Napoli ad aspettarci. Ci accolgono con antipasti squisiti e la pizza Napoletana che in uno scocchio di nocche cancella fatica, stanchezza e preoccupazioni. Siamo di nuovo pronti per le regate.
La notte passa veloce.
Caffè e sfogliatelle e poi alle barche. Fuori le condizioni sono al limite; raffiche tra i venti ed i ventotto nodi con due tre metri d’onda. Il comitato decide che ci sono le condizioni perché all’estero così si regata e queste sono classi olimpiche. L’uscita viene chiamata. Barche in acqua. Trecento ventuno atleti in mare attraverso tre scivoli con questo vento non e’ operazione veloce. Ma ecco Valerio che tocca l’acqua salata ed assieme vara la nuova barca bagnata di Champagne. Mio figlio e’ in mare aperto. Il mediterraneo lo accoglie lanciandogli addosso un groppo marino.
Fulmina ed il cielo e’ nero alabastro. Bellissimo, ma non con un figlio che sai solo in mare.
Riccardo ed io usciamo per dargli assistenza in caso la situazione peggiori.
Io mi trovo catapultata nella forza della natura. Le onde sono muri da scalare che si trasformano in baratri dove collassi perdendo l’appoggio delle acque ed ogni tua più intima certezza. Io non sono a mio agio e Valerio non si vede. Riccardo capisce e allora mi parla, mi racconta di come Valerio sia in grado di gestire questo mare arrabbiato, fisicamente e psicologicamente; mi dice che lui e’ un atleta, non un ragazzino di quindici anni; ed intanto, le onde incalzano, il vento spinge ed una saetta illumina l’orizzonte ed incendia il mare. Il gommone pare un giovane, esuberante cavallo ed io, se stringo il sedile con le cosce, posso cavalcare lui mentre cavalca il mare guidato dalla mano di un esperto nocchiero che batte il mare in cerca del suo atleta.
Essere immersi nella natura quando si esprime, non e’ come vederla esprimersi. Lei ti aggancia nelle viscere. E tu senti nella pancia il tuo profondo essere. Io sono una mamma e non reggo al pensiero che il mare mi trasmette: “Io posso tutto anche prendermi tuo figlio.”
Tutta la paura che non ho mai provato per l’incolumità del mio cucciolo si impossessa di ogni pensiero; così mentre il mare sommerge tutto il mio corpo con scrosci di acqua salata che paiono eruzioni, i miei occhi gli restituiscono lacrime di pianto incontenibili.
Una madre contro le onde. Un oceano contro una lacrima.
Riccardo mi scuote: “Eccolo!”
Arriviamo da Valerio che ci saluta tranquillo e poi scambia qualche parola tecnica con il suo coach, ignaro di ciò che e’ successo nel cuore di sua madre, incastonato tra vento e onde come un piccolo gioiello bianco.
Lo lasciamo per andare dal resto della squadra. Ora sono quasi tutti in acqua, ma il mare monta ancora e viene chiamato il rientro. Giulia, la ballerina dalla mano fatata, fatica a tenere la barca e le va in aiuto Marco portandola a terra per lei; Stefano rientra di suo; William viene fermato ancora in porto; Greg e Valerio rientrano urlano come due cowboy con i cappelli alzati dietro ad una mandria, ma loro stanno solo surfando un’onda di poppa alla velocità della luce.
Renato manca all’appello, iniziamo a cercarlo, torniamo a battere il mare. Niente. Il coach si impensierisce, torniamo a terra per tracciarlo con il track. Eccolo, e’ sul campo di regata proprio dietro le boe d’arrivo. Richy chiama Greg e Vale, ha bisogno di peso per affrontare quel mare e va a prendersi Renato che in realtà sta regatando, ma il mare e’ troppo e lui non ha ancora stabilito la sacra alleanza con la nuova vela. Capisce di essere al limite e rientra abbandonando la regata.
Ora siamo tutti a terra, i ragazzi si raccontano le loro avventure; un momento di disattenzione, un boma parte e mi centra in pieno il sopracciglio. Ahia, che sberla! I ragazzi mi guardano: “Sarah sanguini”. La squadra mi si stringe intorno e mi scorta amorevolmente in infermeria, Marco dice: ”Ci penso io a lei” e si fa in quattro per spostare il mare di laser che mi impedisce di camminare. La nostra giornata finisce con sei punti sul mio sopracciglio, ma a me non importa perché io ci sono per questi nani ormai divenuti giovani atleti e loro ci sono per me. Questa e’ Osa, la squadra agonistica Laser di Orza Minore.

Storia di Orza Minore: campionati giovanili in singolo giorno 2 Reggio di Calabria

 

Quando noi posiamo un campo di regata sul nostro laghetto dobbiamo inginocchiarci davanti a sua Signoria Profondità con la quale ormai abbiamo un rapporto amichevole e lei si accontenta di ingoiare un bolognino ogni tanto. Dal canto nostro le regaliamo circa tre cento metri di canapa a calata e lei e’ felice. Un giorno mi ha confidato che con la nostra canapa sta tessendo all’uncinetto un copriletto che userà la prima notte di nozze quando il maestoso vento Tivano la prenderà in moglie.
Io credo che Tivano non sia del tutto convinto della promessa un tempo fatta, ed allora, ogni tanto, frulla i nostri gommoni in un incrocio di vento ed onda tali da abbattere qualsiasi vela per cercare di dissuaderci dal calare canapa e bolognini.
Qui il comitato organizzatore, invece, ha a che fare con Scilla, che dilania, Cariddi che risucchia e rimescola, e Morgana che rifrae. Scilla e Cariddi erano bellissime Ninfee che per invidia o punizione furono trasformate in orribili mostri.
Scilla ora e’ un cane rabbioso a sei teste che sconquassa ogni imbarcazione che passa in questo Stretto, uccidendo i naviganti; Cariddi, invece, ingoia tre volte al giorno una quantità esorbitante di acqua salata per poi risputarla, ma si trattiene per se’ ogni marinaio o cosa ingoiata assieme a tutta quell’acqua.
Sono due mostri terribili e nessun umano osa affrontarli. Lo ha fatto solo Odisseo turando con cere le orecchie del suo equipaggio e legando se stesso ad un albero maestro. Lui solo ha osato ascoltare il canto letale delle due Ninfee.
Scilla a Cariddi hanno poi come alleata la Fata Morgana che tutto lo Stretto distorce ed annebbia.
Orbene, ieri Ninfee e Fata hanno tirato un brutto scherzo al comitato organizzatore, che ha sbagliato ogni cosa nel posare i quattro campi. Le boe di bolina sono finite in bocca a Cariddi e così pure tutti i segnali a bandiera; col risultato, nonostante uno splendido scirocco, di zero regate per i Radial e una sola regata per i 4.7.
A guardare in faccia il comitato organizzatore si poteva leggere nei loro occhi il terrore vissuto nel posizionare quelle maledette boe gialle…
Così la flotta compatta dei nostri ragazzi e’ rientrata a terra incredula per la giornata passata ad aspettare invece che a regatare.
Ma erano tanti quei laser da riempire tutto lo stretto ed una volta liberate le vele dalle rigide scotte, i ferzi si sono messi a cantare un canto unico, marino e celeste assieme, che ha riempito l’aria spinto dalla voce del vento.
Io mi sono seduta ad ascoltare estasiata e credo che anche Scilla, appollaiata in Reggio Calabria, e Cariddi, invece prona sulla punta della sua Sicilia, abbiano udito quel canto e, credo pure che le due Ninfee si siano addormentate ninnate come da secoli non gli succedeva. Così, oggi, si sono svegliate felici e rilassate ed hanno lasciato ogni facoltà intellettiva al comitato organizzatore che e’ stato in grado di posare i campi e far regatare i nostri ragazzi.
Ora sono tutti la’ fuori a disputare la terza prova spinti da un Maestrale regale e dalle acque ribollenti della natura delle Ninfee che seppur chete, sono sempre padrone di questo Stretto.
Io da terra guardo i ragazzi e vedo nelle nuvole sopra di loro i volti inteneriti di Morgana, Scilla e Cariddi.

Storie di Orza Minore: Campionato giovanile in singolo. Reggio di Calabria 2019. Giorno 1

 

I nostri due atleti Alessia a Valerio si sono qualificati; quindi eccoci qui! La nostra avventura inizia ieri quando mamma Sarah si presenta all’aeroporto di Orio al Serio senza documento di identità di Valerio. Mentre Valerio in panico guarda sua madre con il peggiore sguardo mai fatto in vita sua realizzando che non c’è tempo per tornare a Milano, lei, armata di fotocopia del passaporto, si presenta al chek in sperando nel miracolo. Ed il miracolo accade: in sequenza: ad Orio al serio esiste un ufficio anagrafe; arriviamo alla porta mentre l’ultimo vigile sta uscendo ‘che’ e’ orario di chiusura; lui e’ l’unica autorità che può fare ciò che sta per fare; dal suo fischietto d’ordinanza parte un fischio che paralizza l’aeroporto; la signora addetta alle carte di identità e’ ancora nel parcheggio dipendenti; sente il fischio e non lo ignora; torna in ufficio più veloce che può sotto al sole cocente; il comune di Milano e’ ancora aperto; lei si collega e fa a Valerio la carta di identità. Alla fine di questa serie di eventi, io abbraccio la signora gentilissima ed il vigile suo capo e dedico loro la nostra trasferta perché non hanno solo salvato le regate a Valerio, hanno anche lasciato integra la fiducia madre -figlio.
Finalmente saliamo sull’aereo e ci godiamo l’Italia dall’alto….ad un certo punto le Eolie, Stromboli che fuma e possiamo quasi quasi toccarlo quel fumo, la Sicilia e Reggio di Calabria. Arrivati.
C’è mamma Flavia ad aspettarci perché la vela non e’ solo regate e’ anche bellissime amicizie; e noi, per questi campionati, siamo suoi ospiti. Cena, passeggiata sul lungo mare e nanna.
Questa mattina di buon ora si prende il treno, perché noi si va in treno a regatare, Reggio Calabria Lido e’ la nostra meta.
Formalizziamo l’iscrizione, recuperiamo le imbarcazioni e quella di Alessia ci costa una lunga passeggiata sotto al sole del sud, e poi ci mettiamo in caccia dell’ufficiale stazzatore. Di lui sono documentati innumerevoli avvistamenti, ma nessuna certezza, finalmente, a tempo utile quasi scaduto, si presenta un uomo riccioluto e dai polpacci larghi che guarda e stazza, e’ un go!
Incontriamo Antonio il coach cui sono affidati i ragazzi perché Riccardo e’ impegnato con il resto della squadra negli allenamenti di fine estate; quelli che si fanno appena prima di riprendere in mano carta e penna.
Antonio accoglie Alessia e Valerio come se fossero suoi atleti da sempre, studia con loro il campo di regata; gli da alcune informazioni sulla corrente perché qui l’apparente e’ dato anche dal vento di corrente e poi li saluta con un: “ ci vediamo sulla linea.”
Io mi guardo in giro la spiaggia del lido e’ un unicum di vele bianche stagliate tra il blu intenso dal mare e quello trasparente del cielo.
Al fischio la macchia di vele bianche si lancia in acqua tutta assieme; qui non ci sono scivoli, il mare semplicemente abbraccia i ragazzi che con tre gesti: giù deriva, giù timone, cazzo scotta rispondono all’abbraccio ed entrano nel vento. Lo stretto di Sicilia e’ tutto loro; anche Scirocco, che non era atteso, si presenta incuriosito da questo onda bianca partita come la risacca dalla spiaggia.
E mentre Scirocco porta i ragazzi su e giù nel mare, io su un lettino in spiaggia guardo l’orizzonte di vele bianche e tifo il team Osa pettorine blu.
Buon vento Alessia.
Buon vento Valerio.

Storie di Orza Minore: un nuovo anno di allenamenti e regate.

 

Il freddo dell’aria invernale respira dolcemente sul lago che per qualche tempo, stoico, gli si oppone con la calda acqua bagnata d’estate, ma alla fine non può che cedere impotente al soffio glaciale. E’ questo il modo in cui l’inverno addormenta il lago. I ragazzi allora lasciano i loro bug e si dedicano a scuola e sport invernali; solo i più grandi tra loro si vestono di mute supertecniche e continuano a spingere in acqua i loro Laser dalle vele immacolate incuranti della neve che copre la strada tra rimessaggio e riva.
Ma ora la primavera è tornata a sciogliere la morsa glaciale dalle acque lacuali ed i ragazzi sono di nuovo a dar vita e sorrisi al grande prato da sempre riva del lago.
La squadra OSA è cresciuta! tra gli altri, quest’anno abbiamo quattro piccoli agonisti che, dopo aver varato i loro nuovi Bug, hanno impegnato i papà in un incollaggio frenetico di adesivi per far assomigliare le imbarcazioni ai loro eroi preferiti che popolano i mondi di cartone animati. Anche la preagonistica è aumentata ed ora, tra tutti, circa quaranta prue solcano le acque portando le insegne azzurre. Assieme scendono in acqua, come una legione compatta per poi dividersi secondo il colore delle vele e lavorare ognuno col suo programma. A fine allenamento tornano a riunirsi mischiando i colori e sul campo di regata affinano le loro capacità scontrandosi l’un l’altro. Da soli hanno i numeri di una zonale!
Ma ecco che arriva il giorno della prima regata ufficiale per la squadra Laser. Valerio, Greg, la Princy, Alessia affiancano Renato, Marco, il Sir ed Henry nel far girare le pettorine azzurre tra le vele dei 4.7. C’è anche una testa nuova, dai capelli bianchi come la neve, a mettere in acqua la prua per la regata, è quella del biondo.
La giornata è tra le peggiori, piove e fa freddo. Io non ho voglia di surgelarmi, così li guardo da riva con un the caldo tra le mani. Il campo è stato posizionato lontano perché oggi anche il vento è uggioso e bisogna rincorrerlo. Così non riesco ad osservarli distintamente, ma non fa nulla perché tante volte li ho visti in allenamento che so cosa succederà sulla linea di partenza e posso guardarli senza vederli. Trenta sono le imbarcazioni che al suono dei cinque minuti ridurranno di un poco lo spazio del loro virare e strambare fino a diventare una linea compatta in barca ferma al minuto. Li posso vedere i nostri prendere posto dove hanno deciso di fare la loro partenza. Ad uno ad uno si infileranno traducendo il tempo in spazio con un sapiente balletto tra vele scontrate e rapide spinte di timone alla poggia. Anche il parlare si farà frenetico; gia’ li sento chiamare acqua oppure semplicemente vociare per innervosire i loro avversari. Sono secondi preziosi per caricare se stessi e l’imbarcazione di energia concentrata che diverrà velocità tra i dieci e cinque secondi dalla partenza quando le briglie saranno sciolte cazzando le scotte. Partiti. Ora non posso che aspettare i messaggi dai gommoni perché nessuno sa come si comporterà la squadra con avversari da tempo esperti di Laser e cresciuti nell’abbondante classe dell’Optimist in molto diversa dalla loro classe Bug. Ecco le prime notizie. I nomi si succedono ai numeri, i ragazzi stanno dando il meglio di se’. Tre prove prima di rientrare a terra. Eccoli bagnati fradici che portano in secco le barche e mostrano tutta la loro felicità. Rientra anche Riccardo, l’allenatore, quattro ultime istruzioni alla squadra e poi partiamo assieme per vedere i risultati ufficiali. Riccardo si zittisce e guarda la classifica per compararla con ciò che in acqua ha visto. Non riesce a contenere la gioia per quello che vede ed esplode in un salto bambino. Tre dei quattro ragazzi sul podio sono dei suoi, in tutto cinque atleti Osa nelle prime sette posizioni. Si gira, ci guarda e dice: “Si’, la squadra c’è!”
Non è solo l’allenatore ad esser felice, lo siamo anche tutti noi genitori intirizziti dal freddo.

Il ghiaccio s’è rotto ed è iniziata la primavera…..