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Pasqua in quarantena

Erano giorni che lei guardava il mondo dalle stesse tre finestre; alcune tetti spioventi coperti di coppi, una serie di ballatoi con porte e finestre alternate come soldati in parata, le piante dei suoi balconi e il cielo, tanto cielo. Non avendo visuale su alcuna strada e non potendo uscire per la quarantena, la sua vista aveva perso ogni senso di profondità. L’occhio non andava mai oltre il mondo piatto delle immagini contenute nelle sue tre finestre.
Un mondo fermo.
Fuori il nemico invisibile si era arrogato le sirene delle ambulanze e, sostituendosi alle campane dei campanili nel dar voce al tempo, pieno di sé, aveva preso a marcarlo non più in ore, ma in minuti.
Una passione vissuta da tutta l’umanità.
Oggi era giorno di Pasqua, l’attimo in cui la vita trionfa sulla morte con la promessa di un domani diverso, ma lei sapeva che in quel domani avrebbe ancora continuato a vedere il mondo fermo dalle sue tre finestre.
Qual’era la promessa? Si chiese.
Pensò se dovesse cercarla proprio nel mondo piatto e fermo ritratto dai suoi tre scorci e guardò di nuovo quel quadro di realtà le cui pennellate appartenevano un poco alla natura ed un poco alla mano dell’uomo.
Dall’inizio della quarantena non aveva fatto una giornata di brutto tempo, l’aria si era scaldata fino all’esplosione di una rara estate primaverile che aveva inorgoglito il verde sui suoi balconi dando vita ad un tripudio di sfumature e colori e lei si era accorta da tempo che il mondo fermo e piatto aveva però acquistato una particolare bellezza.
Sì, non c’era dubbio: quello che lei vedeva da giorni dalle sue tre finestre era bellissimo, molto più bello del normale, e la saziava dell’appetito di vita che si era appropriato di lei in seguito alla carestia imposta dalla quarantena.
A contrappunto, la bellezza l’abbracciava, e lei, proprio attraverso tale bellezza, riusciva a sentire di nuovo il legame interrotto con l’umanità.
Capì che la promessa pasquale passava attraverso il legame con lei creato da quella rara bellezza.
Seppe che finché il bello non fosse caduto dalle sue tre finestre ci sarebbe stata nuova vita per tutti in futuro.
Si mise ad aspettare…
Buona Pasqua Sarah

Pasqua

Dal legno nero prendi forma
e scappi nudo correndo in corridoio
non vuoi farti prendere e ridi.
Mi obblighi a rincorrerti.
Sbando e t’acchiappo.
Le tue manine nere prendono le mie guancie,
i tuoi occhi si aprono in un sorriso amoroso,
il tuo corpo di bebè si lascia abbracciare.
Ti devo riportare in chiesa, non puoi correre per il corridoio.
Tante volte l’ho visto fare, ho imparato guardando.
Una parola ti chiedo,
anche se so che solo sorrisi concedi a chi ti riporta.
Tu mi parli, ma io non ricordo.
Il tuo angelo scende e ti richiede.
“Sei veramente tu il suo angelo?”
“Sì, ti puoi fidare donna,
è ora che lui torni in cielo con me.”
Dal mio abbraccio ti slega e a sé ti lega.
Tu sei uomo.
Ti lascio e con lui verso l’alto vai.

La regata Pasqualina.

La regata Pasqualina comincia la sera di Pasqua. Prima boa e’ riuscire a finire il porcellino. Sì perché’ al presidente non piace l’agnello allora Donato le cucina il maialino. Mentre il cuoco si prende cura dell’animale, fuori si fa a gara di tiri a baseball con palla da football oppure si centrano i canestri con il frisbi. Poi la cena comincia e il maialino diventa parte di ognuno bagnato dal vino rosso. La serata però non finisce con i dolci, ma divisi in due squadre ad indovinare scarabocchi disegnati sulla lavagna delle lezioni. Sì perché non c’è regata senza compagnia. Poi la mattina dopo alle dieci si fanno gli equipaggi. A me e’ toccato in sorte Roberto e Michele. Ho due pilastri! Roberto e’ l’uomo timone, Michele e’ il tattico e l’uomo spin, io sono la donna tangone e cazza scotte oltre che schiaccia scafo. Il vento e’ tanto e l’onda pure, ma non e’ figlio della termica così non si merita il nome di Breva, e noi non glielo diamo, ma ce lo facciamo comunque amico. La prima prova siamo invelatissimi, ma Roberto non ne sbaglia una aiutato dalle poche parole di Michele. Io devo imparare le mie sequenze. La prima regata passa mentre Roberto diventa un tutt’uno con barca e vento; Michele scrutando gli altri equipaggi diventa il campo di regata spazzato dal vento e solcato dagli altri scafi rossi. Io mi fondo con la maniglia, il tangone e le cime dello spin. Siamo secondi! Nella seconda regata troviamo l’armonia nel silenzio della concentrazione. Primi! La terza regata partenza esemplare, bolina perfetta siamo primi, ma lo spin si incaramella nel senso che diventa una carta di caramella su strallo e fiocco e noi ci impieghiamo tre bordi a disfare quel guaio. Ultimi. Siamo sfiancati, ma la concentrazione rimane. Loro due sono come macchine da guerra, io gli sto dietro al massimo che posso. Si perché, non ve l’ho detto, ma la regata Pasqualina unisce i campioni con i principianti. E’ il modo Orza di onorare il trionfo della vita sulla morte. Siamo di nuovo primi. La regata si chiude tra gli equipaggi che si salutano e congratulano e poi tutti insieme verso il porto. Siamo così stanchi che nessuna imbarcazione issa il fiocco. Si rientra di sola randa. Ormeggiate le barche, fatte le docce, ci ritroviamo per la premiazione e ci sta pure una lezione di tattica fatta sugli errori piu’ grossi acchiappati con l’occhio da Riccardo, l’allenatore dell’agonistica, anche lui al timone di un Orza 6 oggi. Ma l’ultima vera boa della regata Pasqualina e’ la cena con gli avanzi di Pasqua condita dai racconti di tutti e intrisa dalle risa felici di chi oggi ha litigato con quel vento cui nessuno ha dato il nome di Breva. Ora siamo sulla via di casa, con gli occhi e l’anima pieni di questo posto incantato e con il cuore ringiovanito dall’amicizia di un gruppo di persone che oggi si e’ fatta regata.