Articoli

Il caffè al bar

Cosa c’è di più rilassante che un caffè al bar? Quando sospendi ogni corsa e ti fermi, seduto con a fianco la vita, obbligata, anche lei, a sedersi. E’ un attimo di sospensione; se tutti lo facessimo contemporaneamente il mondo perderebbe molte delle proprie fatiche e diverrebbe leggero da competere con l’idrogeno. Il caffè possiede poteri opposti, come un vecchio stregone, ormai esperto delle sue arti; e come lui non sbaglia mai. Il caffè ti da la carica per riprendere la corsa e nello stesso tempo ti sospende dalla vita per permetterti di riposare. Eccita e fa dormire assieme. Che meraviglia! Il caffè, in qualsiasi modo lo si prenda, è forse l’unico gesto sacro che questo millennio sterile di significati si è permesso. La sua sacralità, che tanto appaga, si manifesta in un meraviglioso rito che per anni è stato ripetuto uguale a se stesso in ogni singolo bar di questa meravigliosa penisola. Una porta che si apre, un buongiorno distratto spedito nel vento, una domanda: “ per lei?” una risposta ed una scelta: “lo prendo al banco” oppure “posso sedermi” e poi il momento più sacro e più bello: il servizio. Il gesto del barista che si sposta dal suo luogo e porta il caffè a te, che accomodato nel tavolino scelto con cura anche se di fretta, aspetti. È questo il momento che sospende la vita e frema la fretta. I soldi meglio spesi sono i centesimi dati al servizio nei bar. Quando il cameriere arriva con la bevanda fumante e magari una brioche a cullarti, e fa niente se ingrassa, la si prende lo stesso, e si piega per metterti tutto quel bendidio davanti con un bel sorriso sulle labbra, questo è il caffè, qui c’è la sua magia. E i baristi esperti lo sanno, quelli che da una vita aprono il bar presto presto la mattina per non lasciare senza caffè te che esci all’alba ad iniziare la tua corsa per la sopravvivenza. Loro non ne perdono uno di servizio, un gesto pagato, è vero, ma che possiede la gentilezza e la bellezza insita nel fare per gli altri. Irrinunciabile perché sacro e rituale all’umanità. Però oggi i baristi esperti stanno andando tutti in pensione ed i bar si popolano di giovani volenterosi e simpatici gestiti però come automi dalla catena del marchio. A loro viene spiegato come muoversi, quando muoversi, cosa dire, cosa non dire, cosa fare, quando farlo e soprattutto cosa non fare. E così addio alla magia del caffè. Ora te lo devi portare al tavolo, dove nessuno viene a sparecchiarti, dove nemmeno è presente lo zucchero ed i tovaglioli che  teli devi andare a prendere scoprendo da te dove caspita sono. E se per caso vuoi anche una brioche capita anche che tu debba fare una seconda fila un poco più in là sul bancone perché il ragazzo del caffè non è autorizzato a muover il braccio fino all’espositore delle brioches, costerebbe troppo alla compagnia ….

Bene io mi rifiuto di subire tanta gentile ed organizzata piattezza, io voglio il mio caffè, voglio il rito, che non mi obblighi a fare anche in quel momento prezioso di sospensione, voglio essere servita, voglio un gesto di attenzione anche se retribuito, anzi soprattutto perché retribuito.

A nulla serve l’eleganza dei locali, la modernità della gestione se viene meno il vero significato della pausa caffè. Ora quando entro in questi mega meravigliosi moderni bar invece di uscire felice esco infastidita ed abbruttita. Io credo che con me si abbruttisca un poco anche il mondo che per necessità si abitua a tale manchevolezza e perde un pezzo del bello del umanità: Guadagnare fornendo un servizio invece che obbligando il cliente a servirsi. Ma questa è, forse, solo la mia ipersensibilità …