L’amore algido

Lui possedeva due tesori; uno era se stesso, l’altro i suoi figli. Era un uomo nato brutto, nulla del suo fisico attirava l’interesse delle donne, se non forse l’altezza. Lei ricordava, molti anni prima quando l’aveva appena conosciuto, il senso di fastidio che l’incontro con lui le aveva procurato proprio a causa di quei lineamenti strani. Era stata la necessità del lavoro a obbligarla a tornare a vedersi con lui, altrimenti mai lei si sarebbe nuovamente avvicinata a quell’uomo. Poi dentro al lavoro lei scopri’ il vero valore di quella creatura alquanto spigolosa. Capì che il corpo fatto a quel modo era solo la protezione umana di un’essenza maschile rara di cui forse nemmeno lui era conscio. La rarità stava nella luce gioiosa con cui lui affrontava la vita; una mente intelligente e malleabile si accostava ad un cuore profondo e aperto; in questo modo lui fronteggiava la sua difficile vita, alquanto più difficile di quella di molti. Ma queste caratteristiche non concludevano quell’uomo raro. Nonostante l’estrema magrezza del corpo, lui era infatti molto più ingombrate, lo era tanto da andare oltre lo spazio fisico; lui entrava direttamente negli strati sottili dell’universo. Un pezzo di lui dimorava infatti alquanto vicino a Dio. Sì lui era un uomo dotato di anima, bella e solare e birichina. Questo era il suo primo e profondo tesoro: un corpo rinsecchito che conteneva un uomo palpabile. Lui si era mostrato a lei così un giorno per caso e da allora lei lo custodiva avvolto dalla loro amicizia dentro al suo cuore. Era un’amicizia lasca che permetteva ad entrambi di assaporare la libertà della propria vita; ognuno dei due con un polpastrello impiantato nell’altro, così di sicurezza, per sapere sempre dove andare quando l’affinità o la fatica chiamava. Proprio quell’amicizia libera le aveva fatto scoprire l’altro suo tesoro. Un numero elevato di figli che lasciava assaporare l’abbondanza della sua vita e che molto contrastava con le sue carni scarne. Lui in questo le era contrario, perché lei invece aveva carni abbondanti ed una vita in alcuni sensi alquanto limitata. Accadeva che si ritrovassero tutti assieme e così lo sguardo di lui si ampliava a ricomprendere il figlio di lei e lo sguardo di lei accarezzava i figli di lui. I suoi maschi erano ancora nell’età dell’accudimento, le femmine invece appartenevano già al mondo che si centra sui dialoghi, per le relazioni, e che ha in sé il seme dell’indipendenza per quel che riguarda se stessi. Dietro agli sguardi reciproci accadevano poi gesti e seguivano parole che legavano i cuori. Sì quella era un’amicizia grande perché dentro ci stava tutto di loro. Lui era paterno con il figlio di lei ed il ragazzino lo guardava con affetto misto ad ammirazione, lei era materna con i figli di lui, dava ai maschi attenzioni di servizio per accertarsi della loro serenità ed incolumità e dava alle ragazze tempo e chiacchiere per avvicinare la sua femminilità matura alla loro nascente e loro le restituivano affetto ed interesse. Il loro era un rapporto rivolto oltre se stessi e capace di accogliere tutto dell’altro. Un giorno lui le disse che aveva una fidanzata, per un poco aveva voluto tenersela per sé, ma ora era tempo che anche lei sapesse. Quando lui smise di raccontare, agli occhi di lei apparve una fidanzata comoda, straniera di nascita e di vita, poco impegnativa e sempre bella come lo sono le fughe d’amore che non impegnano la vita ma saziano i sensi. Lei era felice che nella vita dell’amico vi fossero momenti di pura bellezza senza pensieri, lui se lo meritava. Poi col tempo le parole di lui cambiarono e la fidanzata diventò compagna nella sua bocca; no questa non era più una fuga d’amore era qualcosa di molto più profondo anche se ancora la forma era quella della fuga. Per anni lei seppe della compagna senza però mai avere occasione di incontrarla finché un giorno capitò, come capitano gli appuntamenti non programmati. Lei era curiosa di conoscere la donna che occupava il cuore del suo amico, donna sconosciuta, ma famigliare. Era curiosa perché sentiva un legame verso quella sconosciuta che nasceva dal profondo del rapporto con lui: se per lui era importante lo era anche per lei proprio per via di quell’amicizia aperta che tutto accoglieva. Passarono un fine settimana assieme con tutti i ragazzi; anche la compagna aveva infatti una figlia, così di ragazzini ce ne era a sazietà. In questo modo lei toccò con mano la loro forma d’amore. Era bella quella donna straniera, non oggettivamente bella, ma aveva tratti dolci e uno sguardo ammagliatore; si muoveva lentamente ed era lieve nei sorrisi e nei dialoghi. La parte maschile di lei capì perfettamente perché l’amico si fosse legato a quella donna che chiedeva attenzioni e tenerezza. L’amica però osservò con sorpresa la modalità con cui la compagna chiedeva attenzioni. Lei lo faceva togliendolo dalle situazioni, il suo era un amore esclusivo ed esigente. L’amata amava l’amico di un amore annientatore che si ripiegava su se stesso invece di aprirsi al mondo; un amore incapace di accogliere ciò che va al di là dei propri desideri. Quello era un amore che dietro alla dolcezza nascondeva la pretesa. Incuriosita da questa modalità, l’amica spostò l’attenzione sui ragazzi; guardò come la compagna trattava la figliolanza, ma si accorse che la compagna non trattava affatto la figliolanza, ci stava semplicemente accanto con il suo sorriso dolce, non un gesto verso di loro, non una parola; che differenza con lui che accarezzava la figlia di lei con gesti, parole ed attenzioni con la stessa modalità paterna che aveva verso i propri figli e verso il figlio dell’amica.
Lei pensò che no, non era la forma d’amore che voleva toccare nella sua vita; no non era la forma d’amore che si meritava quel tesoro d’uomo. Poi pensò anche che no non era la forma d’amore che si meritavano quei tesori di figli. Si affaticò molto a vivere l’amore del suo amico perché non risuonava di libertà e lei sapeva se stessa libera e pure il suo amico libero e così educatamente si sottrasse. Sola, nell’intimo della sua casa pensò a quanto lavoro aspettava il suo amico per fare di quell’amore da luna di miele un amore eterno. Sempre sola nell’intimo della sua casa lei aggiunse una categoria alle forme d’amore che conosceva: l’amore algido.