Papà

Gioventù sono i mille futuri che vedi riflessi nei miei occhi.
Basta un rapido sguardo tra noi per accendere la tua libertà.
Sei ogni possibile desiderio.
Solidi, statici, sicuri, stabili sono i miei occhi per te. Rincorsa al domani.
Ma non ti illudere perché’ un giorno il mio sguardo si velerà d’opaco e tu invecchierai terminale e morente.
Il tuo futuro si spezzerà mentre io scivolo via come inchiostro all’acqua.

Vorrei

Vorrei raccontarti di quello sguardo avvenuto, ponte tra umanita’ sconosciute;
vorrei,
ma il tuo volto e’ avvizzito e l’orecchio caduto.
Vorrei riposare nel tuo sorriso, amaca dei miei meriggi,
vorrei,
ma il tuo volto si e’ spento ed il moto fermato.
Mi ritraggo e chiudo perche’ non c’e’ scampo: qualcosa si e’ rotto dentro.
Terribile risuona la frase canuta, fungo atomico della mia vita felice, onesta ammissione della sua vita infelice.
Terribile e’ lo sfilacciarsi del cuore che trasforma parole incomprese in quotidiana realta’.
Vorrei raccontartelo, ma tu non ci sei.

Fantasmi

Fantasmi mi siedono al lato, salda compagnia di prua mentre scruto, con il pensiero assente, questo mare incellofanato.
Come il pilota automatico porta la sua barca, così io vago nel mio blu.
La tua mano invisibile accarezza i capelli al vento e si incastra nei nodi. Intrappolato sei ai miei meandri mentre accendi e spegni un sorriso lontano.
Ti blocchi inconsapevole sull’intuizione che fu:
Forse che Lei…

Davide

Catturata alle spalle mi volgi mentre ogni singolo atomo del corpo ti identifica, innesco di fuoco sopito da tempo.
Tutto sciogli e sulla lava Rosa sboccia.
Sfilacci il Nulla mostrando la tua urgenza.
Mi appartieni non più ladra di piaceri altrui.

La porta

Come molla che carica allungo al limitare tremulante.
Non e’ tempo, ma qual’e’ il tempo?
Lo voglio.
Lamento le forme andate e temo la nera impronta.
Lontana la soglia va.

Vecchiaia

Regalami una ruga a spegnere i miei sogni.
Vorrei invecchiare come nonna, la pelle con la vita.
Ma io non mi scalfisco mentre l’ora passa.
Sto ferma alla stazione quando il tempo dell’attesa è consumato.
M’adagio nell’ora delle dolci passeggiate.
Dov’è sei vita che si incarna?
Io passo e poi ripasso, ma tu non mi accarezzi e nemmeno mi strapazzi.
Paro come pendola esaurita.
M’accomodo al banchetto del mio seme, delizia che non sazia.
Sono affamata.
Tu sai.
Regalami una ruga affinché io possa spegnere i miei sogni.

Il sonno

Col lieve movimento irsuto
sprofondo al fondo del profondo
Un sonno fermo senza nocchiere
opposto ai moti mossi del mio vegliare
Indugio, senza sapere, tra le nutrite mense del riposare
Colazione, pranzo e cena
e sazia emergo
e allora vivo.

Adorna d’Amore

Adorna d’amore la sua anima si era liquefatta in mille rivoli argentei.
La mano tesseva i colori dell’arcobaleno mentre accarezzava il creato.
Sostenuta dalla terra nel chiaro cielo al caldo fuoco come una rugiada d’acqua abbeverava il nocciolo dell’amore
E sola annichiliva dentro alle messi gialle di secca arsura
E sbigottiva accecata dalla luce riflessa dei filiformi liquidi di vita
che un’anfora vuota e piena affrancava da ogni suo volere assieme a ogni suo bisogno.

Geko

Scolorato del solar calore sagomi sogni al pensier retto e stretto che squadrato avanza indomito di fantasie.

Pasqua

Dal legno nero prendi forma
e scappi nudo correndo in corridoio
non vuoi farti prendere e ridi.
Mi obblighi a rincorrerti.
Sbando e t’acchiappo.
Le tue manine nere prendono le mie guancie,
i tuoi occhi si aprono in un sorriso amoroso,
il tuo corpo di bebè si lascia abbracciare.
Ti devo riportare in chiesa, non puoi correre per il corridoio.
Tante volte l’ho visto fare, ho imparato guardando.
Una parola ti chiedo,
anche se so che solo sorrisi concedi a chi ti riporta.
Tu mi parli, ma io non ricordo.
Il tuo angelo scende e ti richiede.
“Sei veramente tu il suo angelo?”
“Sì, ti puoi fidare donna,
è ora che lui torni in cielo con me.”
Dal mio abbraccio ti slega e a sé ti lega.
Tu sei uomo.
Ti lascio e con lui verso l’alto vai.