Valerio e Magia

Ricordate il mio viaggio on the road con Valerio? Gli undicimila chilometri guidati da un capo all’altro degli Stati Uniti con la barca sul tetto? Le sei settimane di pura vela e pura vita?
Era adesso, ma un anno fa!
Nella mia memoria rimane scolpito ogni singolo centimetro di quel ultimo meraviglioso andare di madre e figlio.
Sì, ultimo perché il binomio poi è cambiato; Valerio è cresciuto oltre l’essere figlio, ha rotto la membrana che ci rendeva parte della medesima cellula e si è affiancato a me come individuo ormai completamente formato.
Il mio lavoro è finito!
Ora, invece di badare a lui, posso godere di lui.
Io non sono più necessaria affinché lui sopravviva.
Lui non riempie più il mio tempo.
Assieme abbiamo ridefinito tutti i confini.
Ora ci sono due vite indipendenti che corrono parallele, amandosi profondamente.
Il nostro spazio si era già dilatato di qui e di là dall’oceano per ricomprenderci entrambi, ora abbiamo imparato a considerare l’Europa tutta l’aia di casa nostra. Portogallo, Italia, Spagna, Francia, Italia, Olanda, Germania, Portogallo hanno fatto da sfondo in sequenza alla vita di Vale in questi ultimi 9 mesi, mentre la mia scorreva tranquilla a Milano.
Nell’inseguire un sogno è stato necessario iniziare ad abitare l’Europa intera.
E’ tra aeroporto e aeroporto che c’è il nostro tempo intimo, quello in cui le nostre due vite tornano a toccarsi fisicamente e si spingono l’una l’altra oltre il punto in cui siamo. È come il rientro a casa la sera dopo il lavoro.
Tra Amburgo e Porto, in un giorno di questa stramba estate, abbiamo preso Magia, non per allenarsi, non per insegnare, non per portare qualcuno fuori; l’abbiamo presa per uscire noi due e godere assieme dell’andare sul lago spinti dal vento.
Nessuna fatica di madre, nessun obbligo di figlio.
Una prima volta anche se questo First cicciotto mi appartiene da anni.
Ed è stato bello, ancora pura vita e pura vela, ma in modo diverso da tutto ciò che era prima.
… Il mio cuore è così in pace…

Midwinter West Regatta L.A. 2022

Tutto era organizzato. Ora taccava a lui. Il giorno prima era andato a comprarsi un rotolo di carta da imballaggio e scotch; con attenzione aveva imballato la parte alta di quell’albero ormai suo compagno di vita, poi era passato alla sacca timone e deriva che, da anni, aveva preso il posto della cartella sulle sue spalle. Una foto alla madre lontana per mostrarle il fino lavoro di protezione ed era pronto a partire. Uber era arrivato prima dell’alba e l’autista, alla vista di quello strano bagaglio gli aveva detto: “ are you sure?” “ Si” fu la risposta. “Ho una regata a los Angeles mi devi portare in aeroporto.” Non fu semplice incastrare l’albero, il timone, la deriva e gli altri bagagli nel taxi, ma dopo qualche imprecazione mattutina, l’auto partì. La sera prima aveva fatto il suo primo check in on line. Aveva preso l’areo un’ infinità di volte, ma mai completamente solo, di solito alla “burocrazia” ci pensava sua madre. All’arrivo in aeroporto si sentì tranquillo e teso assieme. Nemmeno sulla linea di partenza aveva provato tanti contrastanti sentimenti; in fondo per la prima volta in vita sua stava prendendosi totalmente carico di se stesso in prima persona. Le hostess, più abituate di lui ai viaggiatori carichi dei più strani bagagli, si prodigarono ad imbarcare quel prezioso carico con mille attenzioni. Vista la delicatezza dei materiali arrivarono a portare a mano quei colli nella pancia dell’aereo. Cinque ore di viaggio e fu sull’oceano dall’altra parte degli Stati Uniti. Aveva aspettato i bagagli fare il tragitto contrario dallo stomaco metallico alle sue mani, aveva riaffrontato la faccia allibita dell’autista californiano, era arrivato al circolo, trovato la barca presa in affitto, spacchettato albero e deriva guardandoli con attenzione intento a scovare anche il minimo graffio, ma nulla, le attenzioni avevano dato buoni frutti, tutto era a posto; ora era pronto a scendere in acqua per l’allenamento. Fu un allenamento uguale a tutti gli altri, ma anche diverso; il suo primo allenamento da adulto autonomo: un pensiero fulmineo, poi tutta la sua attenzione tornò alle onde dell’oceano.

Storie di Orza Minore Scuola di Vela: quando lo sport unisce il mondo.

Una regata è una regata ovunque abbia luogo. I primi giorni si gareggia in batteria: primi, secondi, terzi… sono tanti quanti le batterie. L’ultimo giorno si regata per categoria: gold o silver a seconda della posizione che ti sei conquistato in batteria. Le imbarcazioni, tra una giornata e l’altra, stanno a riva tutte assieme. Forse nulla di interessante fino a qui, ma guardate le foto sotto. La prima è della regata internazionale MidWinters East che si sta tenendo a Clearwater Florida, ….. gli Americani…. organizzati all’infinitesimale e rigorosi fino alla bellezza. La seconda è dei Nazionali che stanno avendo luogo a Formia,…gli Italiani…disorganizzati al cubo e fantasisti fino alla proporzione….
Uno sport, un obbiettivo, due declinazioni.
Non ci sono foto più belle, in questi giorni di distruzione, per assaporare il Mondo unito nella sua diversità.
Valerio, il piccolo velista cresciuto dal Dio Tivano e da mamma Breva sul lago di Como è là, dall’altra parte dell’oceano, in quell’ordine tropicale a domare vento ed onda assieme ad altri 130 Ilca6. Giulia, la ballerina sulle onde che in punta di piede guadagna posizioni è sulla spiaggia invasa dalle derive in quel di Formia a mostrare a tutti la sua mano fatata.
Orza Minore li ha cresciuti bene, e li ha fatti entrare nell’età adulta con la bussola puntata sui propri traguardi che hanno ormai tracimato le sponde lacuali e la scuola stessa.
I due amici cresciuti assieme “in quel ramo del lago di Como” tanto famoso, senza nemmeno saperlo, stanno regatando nella stessa batteria Gialla, in due continenti diversi. Stessi gesti, stessa grinta, stesse regole, stessi obbiettivi, diversa Nazione che mostra la propria identità nel particolar modo di riporre le derive a fine giornata.
Sono ore di regata queste che devono portare ad un vincitore di qui e di là del mare; vi assicuro che in acqua gli spiriti ribollono mentre i muscoli si tendono e gli scafi si appiattiscono.
Dietro a una delle due competizioni c’è una squadra che ha accolto un atleta straniero e lo sta crescendo tecnicamente sapendo che ai Mondiali di Luglio in Texas regaterà contro di lei ed il proprio Stato, pur continuando a farne parte.
Usa218548 tornerà ad essere Ita218548, ma non importa perché lo spirito sportivo va oltre la competizione.
Mi piace questa ragnatela di rapporti umani e di coincidenze mondiali che pare un non nulla rispetto alla grande questione di una guerra in atto, e mi piace perché ha in sé il seme del legarsi l’un l’altro per riuscire sempre a mantenere il conflitto dentro alle regole della competizione senza lasciargli mai alcun altro spazio da invadere ché sarebbe lo spazio dell’amico e del compagno di squadra.
Valerio, Lauderdale yacht club Usa – Orza Minore Italia, quarto in classifica provvisoria;
Giulia, ora Circolo Vela Bellano ventiseiesima in classifica provvisoria;
Oggi è Gold di qui e di là del mare.
Oggi è Gold per entrambi.
Buon Vento ragazzi, a sinistra e a destra dell’Oceano.
P.s Valerio, Orso Che Beve, porta a casa il tuo primo podio americano. Io aspetto mamma.
    

Talento

Ci sono molti modi per celebrare dedizione e talento. Ognuno sceglie quello che sente più proprio. Lei aveva imparato ad apprezzare la calma ed il silenzio che le pareti d’oro della piccola stanza sapevano crearle attorno quando vi si rinchiudeva a lavorare, così decise di celebrare suo figlio con il lavoro più lento e tranquillo che conoscesse. Lei lo cucì! Si cucì suo figlio mentre faceva virare il suo Laser sotto rollio. Fermò uno degli attimi più lenti che la vela conosca subito dopo l’assenza di vento. Lo cucì mentre Lui, in regata, con i colori della sua squadra, sbandava lo scafo per raccogliere tutta la propulsione che il legno sa nascondere nella sue fibre e guadagnarsi così preziosi secondi in accelerata. Pensò che quella manovra, studiata per anni, fosse perfetta per il suo esercizio di pazienza con ago e filo. Pensò anche che in quella posa suo figlio fosse bellissimo e mostrasse tutta la grazia e la potenza di quello sport che tanto amava e che ora aveva dovuto sospendere per un piccolo infortunio al piede. Così Lei fermò la sua immagine nella stoffa ad avvolgerlo nelle serate di freddo quando la coperta, una volta finita, lo avrebbe scaldato. Per allora la caviglia sarebbe guarita e Lui avrebbe potuto tornare alle regate dimenticando la virata nella stoffa sul divano, ma Lei invece guardandola si sarebbe ricordata che cosa passione, dedizione e pazienza sanno creare.
Oggi però la squadra, senza Valerio, parte per Arco dove l’aspettano dieci giorni di mondiali. Buon vento ragazzi, io e Valerio siamo li con voi con il cuore.
Siate forza ed eleganza.

Storie di Orza Minore Scuola di Vela: la regata di Napoli

Le tranquille acque del lago ci salutano ancora sposate alla notte. Sembrano due amanti abbracciati che si girano assieme dall’altra parte infastiditi dal rombo del nostro motore quel tanto che basta per muoversi, ma non certo per svegliarsi. Scivoliamo nell’alba percorrendo la striscia d’asfalto che ci depositerà al tramonto in terra partenopea. La squadra, al completo, e’ stipata nel furgone; ognuno seduto al fianco del proprio sogno. Le barche silenziose ci seguono al traino. Milano, Bologna, Firenze, Roma, Capua, gasolio, il furgone non accelera, quattro frecce, piazzola sos, non si va avanti.
Buio.
Riccardo, il coach, cerca di capire se c’è qualcosa che si possa fare per ripartire. Io chiamo a raccolta tutti gli aiuti possibili così lontano da casa. Un papà in trasferta lavorativa nelle vicinanze, la seconda macchina partita da Milano che ci segue a qualche ora, una famiglia di Formia che ha affidato alla scuola il suo ragazzo con il cuore pieno di passione per questo sport; ma tutti i nostri sforzi non bastano: bisogna chiamare il carroattrezzi. La regata dei nostri ragazzi viene salvata dal grande cuore dei Napoletani che, saputa la nostra situazione, non ci pensano un minuto a venire in nostro soccorso con il loro pulmino e trainano per noi le imbarcazioni fino in citta’.
E’ notte inoltrata quando riusciamo a sederci a cena, Ciro, il proprietario dell’appartamento che abbiamo preso in affitto, ha fatto restare aperta la cucina di una delle migliori pizzerie di Napoli ad aspettarci. Ci accolgono con antipasti squisiti e la pizza Napoletana che in uno scocchio di nocche cancella fatica, stanchezza e preoccupazioni. Siamo di nuovo pronti per le regate.
La notte passa veloce.
Caffè e sfogliatelle e poi alle barche. Fuori le condizioni sono al limite; raffiche tra i venti ed i ventotto nodi con due tre metri d’onda. Il comitato decide che ci sono le condizioni perché all’estero così si regata e queste sono classi olimpiche. L’uscita viene chiamata. Barche in acqua. Trecento ventuno atleti in mare attraverso tre scivoli con questo vento non e’ operazione veloce. Ma ecco Valerio che tocca l’acqua salata ed assieme vara la nuova barca bagnata di Champagne. Mio figlio e’ in mare aperto. Il mediterraneo lo accoglie lanciandogli addosso un groppo marino.
Fulmina ed il cielo e’ nero alabastro. Bellissimo, ma non con un figlio che sai solo in mare.
Riccardo ed io usciamo per dargli assistenza in caso la situazione peggiori.
Io mi trovo catapultata nella forza della natura. Le onde sono muri da scalare che si trasformano in baratri dove collassi perdendo l’appoggio delle acque ed ogni tua più intima certezza. Io non sono a mio agio e Valerio non si vede. Riccardo capisce e allora mi parla, mi racconta di come Valerio sia in grado di gestire questo mare arrabbiato, fisicamente e psicologicamente; mi dice che lui e’ un atleta, non un ragazzino di quindici anni; ed intanto, le onde incalzano, il vento spinge ed una saetta illumina l’orizzonte ed incendia il mare. Il gommone pare un giovane, esuberante cavallo ed io, se stringo il sedile con le cosce, posso cavalcare lui mentre cavalca il mare guidato dalla mano di un esperto nocchiero che batte il mare in cerca del suo atleta.
Essere immersi nella natura quando si esprime, non e’ come vederla esprimersi. Lei ti aggancia nelle viscere. E tu senti nella pancia il tuo profondo essere. Io sono una mamma e non reggo al pensiero che il mare mi trasmette: “Io posso tutto anche prendermi tuo figlio.”
Tutta la paura che non ho mai provato per l’incolumità del mio cucciolo si impossessa di ogni pensiero; così mentre il mare sommerge tutto il mio corpo con scrosci di acqua salata che paiono eruzioni, i miei occhi gli restituiscono lacrime di pianto incontenibili.
Una madre contro le onde. Un oceano contro una lacrima.
Riccardo mi scuote: “Eccolo!”
Arriviamo da Valerio che ci saluta tranquillo e poi scambia qualche parola tecnica con il suo coach, ignaro di ciò che e’ successo nel cuore di sua madre, incastonato tra vento e onde come un piccolo gioiello bianco.
Lo lasciamo per andare dal resto della squadra. Ora sono quasi tutti in acqua, ma il mare monta ancora e viene chiamato il rientro. Giulia, la ballerina dalla mano fatata, fatica a tenere la barca e le va in aiuto Marco portandola a terra per lei; Stefano rientra di suo; William viene fermato ancora in porto; Greg e Valerio rientrano urlano come due cowboy con i cappelli alzati dietro ad una mandria, ma loro stanno solo surfando un’onda di poppa alla velocità della luce.
Renato manca all’appello, iniziamo a cercarlo, torniamo a battere il mare. Niente. Il coach si impensierisce, torniamo a terra per tracciarlo con il track. Eccolo, e’ sul campo di regata proprio dietro le boe d’arrivo. Richy chiama Greg e Vale, ha bisogno di peso per affrontare quel mare e va a prendersi Renato che in realtà sta regatando, ma il mare e’ troppo e lui non ha ancora stabilito la sacra alleanza con la nuova vela. Capisce di essere al limite e rientra abbandonando la regata.
Ora siamo tutti a terra, i ragazzi si raccontano le loro avventure; un momento di disattenzione, un boma parte e mi centra in pieno il sopracciglio. Ahia, che sberla! I ragazzi mi guardano: “Sarah sanguini”. La squadra mi si stringe intorno e mi scorta amorevolmente in infermeria, Marco dice: ”Ci penso io a lei” e si fa in quattro per spostare il mare di laser che mi impedisce di camminare. La nostra giornata finisce con sei punti sul mio sopracciglio, ma a me non importa perché io ci sono per questi nani ormai divenuti giovani atleti e loro ci sono per me. Questa e’ Osa, la squadra agonistica Laser di Orza Minore.

Storia di Orza Minore: campionati giovanili in singolo giorno 2 Reggio di Calabria

 

Quando noi posiamo un campo di regata sul nostro laghetto dobbiamo inginocchiarci davanti a sua Signoria Profondità con la quale ormai abbiamo un rapporto amichevole e lei si accontenta di ingoiare un bolognino ogni tanto. Dal canto nostro le regaliamo circa tre cento metri di canapa a calata e lei e’ felice. Un giorno mi ha confidato che con la nostra canapa sta tessendo all’uncinetto un copriletto che userà la prima notte di nozze quando il maestoso vento Tivano la prenderà in moglie.
Io credo che Tivano non sia del tutto convinto della promessa un tempo fatta, ed allora, ogni tanto, frulla i nostri gommoni in un incrocio di vento ed onda tali da abbattere qualsiasi vela per cercare di dissuaderci dal calare canapa e bolognini.
Qui il comitato organizzatore, invece, ha a che fare con Scilla, che dilania, Cariddi che risucchia e rimescola, e Morgana che rifrae. Scilla e Cariddi erano bellissime Ninfee che per invidia o punizione furono trasformate in orribili mostri.
Scilla ora e’ un cane rabbioso a sei teste che sconquassa ogni imbarcazione che passa in questo Stretto, uccidendo i naviganti; Cariddi, invece, ingoia tre volte al giorno una quantità esorbitante di acqua salata per poi risputarla, ma si trattiene per se’ ogni marinaio o cosa ingoiata assieme a tutta quell’acqua.
Sono due mostri terribili e nessun umano osa affrontarli. Lo ha fatto solo Odisseo turando con cere le orecchie del suo equipaggio e legando se stesso ad un albero maestro. Lui solo ha osato ascoltare il canto letale delle due Ninfee.
Scilla a Cariddi hanno poi come alleata la Fata Morgana che tutto lo Stretto distorce ed annebbia.
Orbene, ieri Ninfee e Fata hanno tirato un brutto scherzo al comitato organizzatore, che ha sbagliato ogni cosa nel posare i quattro campi. Le boe di bolina sono finite in bocca a Cariddi e così pure tutti i segnali a bandiera; col risultato, nonostante uno splendido scirocco, di zero regate per i Radial e una sola regata per i 4.7.
A guardare in faccia il comitato organizzatore si poteva leggere nei loro occhi il terrore vissuto nel posizionare quelle maledette boe gialle…
Così la flotta compatta dei nostri ragazzi e’ rientrata a terra incredula per la giornata passata ad aspettare invece che a regatare.
Ma erano tanti quei laser da riempire tutto lo stretto ed una volta liberate le vele dalle rigide scotte, i ferzi si sono messi a cantare un canto unico, marino e celeste assieme, che ha riempito l’aria spinto dalla voce del vento.
Io mi sono seduta ad ascoltare estasiata e credo che anche Scilla, appollaiata in Reggio Calabria, e Cariddi, invece prona sulla punta della sua Sicilia, abbiano udito quel canto e, credo pure che le due Ninfee si siano addormentate ninnate come da secoli non gli succedeva. Così, oggi, si sono svegliate felici e rilassate ed hanno lasciato ogni facoltà intellettiva al comitato organizzatore che e’ stato in grado di posare i campi e far regatare i nostri ragazzi.
Ora sono tutti la’ fuori a disputare la terza prova spinti da un Maestrale regale e dalle acque ribollenti della natura delle Ninfee che seppur chete, sono sempre padrone di questo Stretto.
Io da terra guardo i ragazzi e vedo nelle nuvole sopra di loro i volti inteneriti di Morgana, Scilla e Cariddi.

Storie di Orza Minore: Campionato giovanile in singolo. Reggio di Calabria 2019. Giorno 1

 

I nostri due atleti Alessia a Valerio si sono qualificati; quindi eccoci qui! La nostra avventura inizia ieri quando mamma Sarah si presenta all’aeroporto di Orio al Serio senza documento di identità di Valerio. Mentre Valerio in panico guarda sua madre con il peggiore sguardo mai fatto in vita sua realizzando che non c’è tempo per tornare a Milano, lei, armata di fotocopia del passaporto, si presenta al chek in sperando nel miracolo. Ed il miracolo accade: in sequenza: ad Orio al serio esiste un ufficio anagrafe; arriviamo alla porta mentre l’ultimo vigile sta uscendo ‘che’ e’ orario di chiusura; lui e’ l’unica autorità che può fare ciò che sta per fare; dal suo fischietto d’ordinanza parte un fischio che paralizza l’aeroporto; la signora addetta alle carte di identità e’ ancora nel parcheggio dipendenti; sente il fischio e non lo ignora; torna in ufficio più veloce che può sotto al sole cocente; il comune di Milano e’ ancora aperto; lei si collega e fa a Valerio la carta di identità. Alla fine di questa serie di eventi, io abbraccio la signora gentilissima ed il vigile suo capo e dedico loro la nostra trasferta perché non hanno solo salvato le regate a Valerio, hanno anche lasciato integra la fiducia madre -figlio.
Finalmente saliamo sull’aereo e ci godiamo l’Italia dall’alto….ad un certo punto le Eolie, Stromboli che fuma e possiamo quasi quasi toccarlo quel fumo, la Sicilia e Reggio di Calabria. Arrivati.
C’è mamma Flavia ad aspettarci perché la vela non e’ solo regate e’ anche bellissime amicizie; e noi, per questi campionati, siamo suoi ospiti. Cena, passeggiata sul lungo mare e nanna.
Questa mattina di buon ora si prende il treno, perché noi si va in treno a regatare, Reggio Calabria Lido e’ la nostra meta.
Formalizziamo l’iscrizione, recuperiamo le imbarcazioni e quella di Alessia ci costa una lunga passeggiata sotto al sole del sud, e poi ci mettiamo in caccia dell’ufficiale stazzatore. Di lui sono documentati innumerevoli avvistamenti, ma nessuna certezza, finalmente, a tempo utile quasi scaduto, si presenta un uomo riccioluto e dai polpacci larghi che guarda e stazza, e’ un go!
Incontriamo Antonio il coach cui sono affidati i ragazzi perché Riccardo e’ impegnato con il resto della squadra negli allenamenti di fine estate; quelli che si fanno appena prima di riprendere in mano carta e penna.
Antonio accoglie Alessia e Valerio come se fossero suoi atleti da sempre, studia con loro il campo di regata; gli da alcune informazioni sulla corrente perché qui l’apparente e’ dato anche dal vento di corrente e poi li saluta con un: “ ci vediamo sulla linea.”
Io mi guardo in giro la spiaggia del lido e’ un unicum di vele bianche stagliate tra il blu intenso dal mare e quello trasparente del cielo.
Al fischio la macchia di vele bianche si lancia in acqua tutta assieme; qui non ci sono scivoli, il mare semplicemente abbraccia i ragazzi che con tre gesti: giù deriva, giù timone, cazzo scotta rispondono all’abbraccio ed entrano nel vento. Lo stretto di Sicilia e’ tutto loro; anche Scirocco, che non era atteso, si presenta incuriosito da questo onda bianca partita come la risacca dalla spiaggia.
E mentre Scirocco porta i ragazzi su e giù nel mare, io su un lettino in spiaggia guardo l’orizzonte di vele bianche e tifo il team Osa pettorine blu.
Buon vento Alessia.
Buon vento Valerio.

Storie di Orza Minore: Malcesine, Laser Youth Easter Meeting 2019

L’uovo di Pasqua dei nostri ragazzi è la loro prima regata internazionale. Quattro giornate di competizione da scartare e gustare là dove il vento è sovrano.
Arriviamo a Malcesine con la voglia di scoprire un posto nuovo e godere di Ora e Peler, gli imperatori d’Italia cui solo i velisti s’inchinano.
Valerio, Renato , Marco e Giulia scaricano i loro Laser assieme ad altri duecentoquaranta atleti arrivati da tutto il mondo e, nel giro di un quarto d’ora, il grigio dei due piazzali a loro dedicati scompare per lasciare il posto al bianco di un tripudio di vele issate.
Questa non è una zonale, non è nemmeno una nazionale; è la regata tra chi della vela ne ha fatto un obbiettivo di vita per il quale vale anche la pena girare il mondo.
Il livello degli atleti è altissimo per tecnica, tenacia e spirito, ma se ti fermi a guardarne i volti, puoi scovare tratti bambini che si attardano a lasciare le loro forme per tenerli ancora per un attimo attaccati alla fanciullezza.
Hanno issato la G tra un’ora la regata avrà inizio, dobbiamo scendere in acqua con il gommone. I nostri quattro moschettieri sono già andati a presentarsi alla Ora che oggi appare una timida donzella indecisa.
Non solo i ragazzi corrono il campo per capire ogni singola forma di questo vento signora, ma anche gli allenatori lo pizzicano con i loro strumenti per svelarne il carattere. Riccardo si accosta ad ognuno, chiede le proprie impressioni, ma poi svela ogni intenzione dell’aria resa palese dagli strumenti. Anche gli allenatori concorrono al risultato in regate del genere.
Partono le prime batterie dei Radial poi tocca ai nostri. Renato e Valerio sono rossi, Marco e la Principessa gialli. Prima partono i gialli. Sessanta vele si allineano in partenza; i ragazzi ai tre minuti devono già essere schierati e per il resto del tempo dovranno mantenere la posizione e cercare di guadagnare acqua sopravento. Ecco tocca ai Rossi. Valerio è sotto attacco, un Ungherese fa tre shoot up consecutivi e sale sulla barca di Vale, urlando come un forsennato, Vale fa fatica a difendersi, ma quello è l’urlo di Attila ci vuole esperienza a domarlo.
Partiti!
Sono tutti in acqua le batterie si susseguono alla partenza senza quasi dare tempo ai ragazzi di riprendersi, possono solo integrare le energie con una barretta energetica trangugiata ai cinque minuti.
Tre partenze al giorno, quattro giorni per un totale di dodici chances per imparare a rispondere all’urlo di Attila.
Io so che quell’urlo rimarrà nelle orecchie di Valerio, come indelebile sarà il suo primo bacio.
Sono stati bravissimi i nostri quattro moschettieri. A cena noi genitori ripercorriamo ogni singolo momento dei nostri ragazzi quasi fossimo stati noi al timone. La verità vera è che ognuno di noi era la’ sul campo con il proprio figlio.
Riccardo aveva in acqua dodici atleti!

Storie di Orza Minore: un nuovo anno di allenamenti e regate.

 

Il freddo dell’aria invernale respira dolcemente sul lago che per qualche tempo, stoico, gli si oppone con la calda acqua bagnata d’estate, ma alla fine non può che cedere impotente al soffio glaciale. E’ questo il modo in cui l’inverno addormenta il lago. I ragazzi allora lasciano i loro bug e si dedicano a scuola e sport invernali; solo i più grandi tra loro si vestono di mute supertecniche e continuano a spingere in acqua i loro Laser dalle vele immacolate incuranti della neve che copre la strada tra rimessaggio e riva.
Ma ora la primavera è tornata a sciogliere la morsa glaciale dalle acque lacuali ed i ragazzi sono di nuovo a dar vita e sorrisi al grande prato da sempre riva del lago.
La squadra OSA è cresciuta! tra gli altri, quest’anno abbiamo quattro piccoli agonisti che, dopo aver varato i loro nuovi Bug, hanno impegnato i papà in un incollaggio frenetico di adesivi per far assomigliare le imbarcazioni ai loro eroi preferiti che popolano i mondi di cartone animati. Anche la preagonistica è aumentata ed ora, tra tutti, circa quaranta prue solcano le acque portando le insegne azzurre. Assieme scendono in acqua, come una legione compatta per poi dividersi secondo il colore delle vele e lavorare ognuno col suo programma. A fine allenamento tornano a riunirsi mischiando i colori e sul campo di regata affinano le loro capacità scontrandosi l’un l’altro. Da soli hanno i numeri di una zonale!
Ma ecco che arriva il giorno della prima regata ufficiale per la squadra Laser. Valerio, Greg, la Princy, Alessia affiancano Renato, Marco, il Sir ed Henry nel far girare le pettorine azzurre tra le vele dei 4.7. C’è anche una testa nuova, dai capelli bianchi come la neve, a mettere in acqua la prua per la regata, è quella del biondo.
La giornata è tra le peggiori, piove e fa freddo. Io non ho voglia di surgelarmi, così li guardo da riva con un the caldo tra le mani. Il campo è stato posizionato lontano perché oggi anche il vento è uggioso e bisogna rincorrerlo. Così non riesco ad osservarli distintamente, ma non fa nulla perché tante volte li ho visti in allenamento che so cosa succederà sulla linea di partenza e posso guardarli senza vederli. Trenta sono le imbarcazioni che al suono dei cinque minuti ridurranno di un poco lo spazio del loro virare e strambare fino a diventare una linea compatta in barca ferma al minuto. Li posso vedere i nostri prendere posto dove hanno deciso di fare la loro partenza. Ad uno ad uno si infileranno traducendo il tempo in spazio con un sapiente balletto tra vele scontrate e rapide spinte di timone alla poggia. Anche il parlare si farà frenetico; gia’ li sento chiamare acqua oppure semplicemente vociare per innervosire i loro avversari. Sono secondi preziosi per caricare se stessi e l’imbarcazione di energia concentrata che diverrà velocità tra i dieci e cinque secondi dalla partenza quando le briglie saranno sciolte cazzando le scotte. Partiti. Ora non posso che aspettare i messaggi dai gommoni perché nessuno sa come si comporterà la squadra con avversari da tempo esperti di Laser e cresciuti nell’abbondante classe dell’Optimist in molto diversa dalla loro classe Bug. Ecco le prime notizie. I nomi si succedono ai numeri, i ragazzi stanno dando il meglio di se’. Tre prove prima di rientrare a terra. Eccoli bagnati fradici che portano in secco le barche e mostrano tutta la loro felicità. Rientra anche Riccardo, l’allenatore, quattro ultime istruzioni alla squadra e poi partiamo assieme per vedere i risultati ufficiali. Riccardo si zittisce e guarda la classifica per compararla con ciò che in acqua ha visto. Non riesce a contenere la gioia per quello che vede ed esplode in un salto bambino. Tre dei quattro ragazzi sul podio sono dei suoi, in tutto cinque atleti Osa nelle prime sette posizioni. Si gira, ci guarda e dice: “Si’, la squadra c’è!”
Non è solo l’allenatore ad esser felice, lo siamo anche tutti noi genitori intirizziti dal freddo.

Il ghiaccio s’è rotto ed è iniziata la primavera…..

Non ti sporgere

Ricordate quando la mamma da piccoli ci diceva:” non ti sporgere; la testa pesa di più del corpo …. cadi di sotto….” Urlato più o meno velocemente a seconda del grado di pericolosità della nostra azione? Ormai sono anni, anzi decenni che più nessuno mi corre dietro con tali parole, però esse rimbombano nel mio cervello come una litania al bisogno. Orbene, l’altro giorno stavo riponendo al suo posto il tambucio di Magia appena aperto e, non so perché, invece di scendere con tutto il corpo sotto coperta, mi sono infilata a testa in giù lasciando il sedere in vedetta fuori coperta. Intanto che armamentavo dall’alto in basso, il mio amico Roberto decide di tirare la cima di poppa per avvicinare Magia al pontile e salire. La barca dolcemente si avvicina e lo lascia salire e, nel frattempo, si carica di energia pura, come un cavallo che ti vede arrivare con in mano le briglie, capisce e parte al galoppo per l’ultima sgroppata libera. Ma Magia e’ ancora legata trattenuta da trappa e cime d’ormeggio, così tutta quella energia non può scaricarsi sotto forma di moto di libertà. Ma dovrà pur finire da qualche parte? E’ una legge dell’ universo. Ed io sono proprio li’! L’energia non ci pensa due volte, scambiandomi per una freccia. Così vengo scoccata alla velocità’ della luce, con la tuga per arco, e centro, infilandomici di testa, la sacca Spin, aperta per caso là sotto, mentre i piedi, e tutto il resto, rimangono in aria per un minuto secondo per poi crollarmi addosso. Ed io mi ritrovo accartocciata sul pavimento avendo però fatto un centro. Nessuno e’ riuscito a trattenere le risa, nemmeno io che ridevo tanto da non capire se stessi bene o mi fossi rotta qualcosa. Oggi cammino un poco storta, ho le tibie blu ed il braccio sinistro rifiuta di alzarsi, ma erano anni che non ridevo così di gusto, a lungo e spontaneamente. Però voi non vi sporgete, la testa pesa di più del vostro corpo!
E’ la quarte legge del moto!