Portogallo
Adoro partire, un po’ meno tornare e ora mi tocca. Rientro nei binari conosciuti, Milano e’ di nuovo il mio orizzonte, due ore ed e’ fatta. Alle mie spalle il mio biondo e riccioluto ragazzo, una settimana assieme dopo un’estate ed un oceano. Io di qua, lui di la’. E’stato bello; familiare in un paese straniero con una lingua che si capisce, ma non si capisce, si parla, ma anche no. Lui e’ rimasto li, io rientro; ma ci siamo dati un appuntamento a fine mese in Sardegna e cosi’ il futuro perde la patina del noto e si riscopre intrigante. Cosa porto a casa dal Portogallo oltre al sorriso di Valerio? I ponti di ferro, l’oceano ed il viso degli uomini coperto da barba e baffi. Il sig. Eifell qui si e’ divertito a rivettare masse di ferro lasciando un’impronta indelebile. Ha fermato la materia in travi , traverse, puntoni, controventi che duellano con la gravita’ in un movimento simmetricamente opposto al moto delle onde del vicino oceano. Queste rimesolano, danno e prendono, levigano e creano in un ciclo infinito; quelli fissano, sostengono e immobilizzano in un punto preciso senza piu’ tempo. Geometria grandiosa di un paese gentile, spontaneo e libero dove ancora si parcheggia ovunque senza creare scandalo e dove gli uomini, non si sa perche’, si celano dietro a barbe e baffi.
La spiaggia
Il borseggio
Ci sono giorni che iniziano normali e si chiudono uguali, ma ogni tanto accade l’eccezione e la vita, anche solo per qualche momento, si riempie e straborda. Lei stava andando alla macchina gia’ immersa in quello che i suoi occhi avrebbero visto quel giorno. Camminava sola nell’isola figlia dell’ incanto e della tranquillita’ mediterranea. Poi qualcosa era successo: un movimento impercettibile, ma in grado di rompere l’equilibrio della mattina perfetta, di obbligarla a reagire e tornare incollata all’asfalto. Il suo corpo, per arco riflesso, si era girato su se stesso, gli occhi erano andati alla borsa e Lei aveva avuto la conferma di quello che la mente le aveva gia’ confessato. Un istante lungo abbastanza per risvegliare il puma dormiente dentro di Lei. La sua mano, sovrascritta dalla zampa artigliata dell’animale si era infilata nella borsa ed aveva agguantato l’avambraccio di lui. Solo in quel momento si erano guardati occhio dentro all’occhio lei continuando a stringere, lui senza reagire. Un dialogo muto inizio’ tra loro. “Ma che fai? Mi stai derubando?” “ Non e’ come sembra, ti sbagli.” “ Ma il tuo braccio era infilato fino al gomito nella mia borsa…” “Non e’ come credi, ti sbagi; io non sono un ladro…” Piu’ sorpresa che spaventata Lei continuava a stringelo e lui, piu’ sorpreso che spaventato non si sottraeva alla stretta, come se stesse pagando per il malfatto decidendo di rimanere tra le sue dita. Entrambi stupiti ed inchiodati dalla propria reazione. Lui avrebbe potuto atterrarla con la violenza dei suoi muscoli giovani ed abbronzati. Lei avrebbe potuto scappare e mettersi al sicuro. Ma nulla accadeva. Stavano li occhi negli occhi, avambraccio di lui tra le dita di Lei, immobili, immersi in quel dialogo di occhi che come un ponte univa due rive straniere. Un contatto tra loro che annientava il malfatto, l’asfalto, il tradimento tra esseri umani e creava un baleno di meraviglia difficile da dimenticare per entrambi. In quel momento Lei si spavento’ incapace di dare significato a cio’ che stava accadendo. “Go away” gli urlo’ senza lasciarlo e costringendo lui a guardare il suo braccio chiedendo con gli occhi di essere sciolto da quella fusione accaduta e non voluta. Lei lascio’ la presa, lui non scappo’, si allontano’ superandola senza sfiorarla. Solo allora il cuore di lei inizio’ a correre per l’adrenalina o l’emozione rendendo al giorno la magia del luogo o dell’accaduto e chiedendole solo di fermarsi un attimo a riprendere fiato prima di tornare ad immergersi nella bellezza dell’isola.
via Sirtori 4
La vampa
Attrazione
Ecco succedeva di nuovo. Momento terribile. Tomba della tranquillita’. Annuncitore di schiavitu’. Quante volte si era incoronato imperatore della sua vita? Lo odiava. No, lo desiderava. No, lo odiava. Solo poteva cio’ che null’altro riusciva. Si presentava sotto mille forme, ma Lei lo sapeva sempre uguale. Attimo di natura eterna. Unico dio della sua vita. L’aveva obbligata a girarsi. Le aveva imposto una stretta di mano. Aveva fatto propria una parola mal data. Era stato dentro a uno sguardo. Aveva abitato un sorriso; ora ancora possedeva due occhi sopra una scala a levarle la testa. Tiranno, odioso tiranno. Albero della conoscenza. La nuova battaglia tra schiavi era iniziata. Non di nuovo, no. No, non smettere mai. Non di nuovo, no. Ma l’attimo aveva ancora una volta inciso la sua carne; non c’era ritorno. Quanti segni portava? Quanti segni l’avrebbero ancora marcata? Questo non era diverso dagli altri. Un rinculo nello stomaco, oracolo veggente del futuro monotamente noto eppur sorprendentemente da scoprire. Ora toccava semplicemente trasformare in vita quell’ imperativo binomio. A volte accadeva, a volte no. Ma il sigillo sempre ne usciva trionfatore. Ecco succedeva di nuovo.
Addio
Rigava e tornava a rigare quella giovane guancia una goccia, gemma di puro dolore, trasparente e pura, gioiello e suggello dell’amore che tutto chiede e tutto dà. Lui, forte e muscoloso, tagliato per lo sport e la fatica, uomo che tutto parlava di potenza e virilità quella mattina e quel pomeriggio e poi ancora quella sera era crollato schiacciato dal peso di una lacrima che non si fermava: lei era partita lasciandolo dietro all’impenetrabile nastro dell’aeroporto di Malpensa, quello di fianco alle scale che salgono ai ristoranti. Si erano stretti forte, aggrappati agli ultimi momenti del loro amore fisico, ancora incapaci di lasciarsi andare alla memoria. Poi lei aveva attraversato l’oceano con un battito d’ali lasciando lui incollato al pavimento, impietrito, incapace di altro se non di cercarla con l’occhio oltre le divise del personale di terra, oltre l’orizzonte. Traccia di lei quella goccia a solcare il suo volto ed una promessa. Sì, certo si sarebbero rivisti: il loro viaggio assieme era solo all’inizio; sì certo avevano ognuno mille cose da fare: università da frequentare, risultati da ottenere, mondi da scoprire; sì certo…, ma ora sopravviveva solo quella stilla bagnata, esplosione vulcanica di vuoto, big ben del nulla da vincere, paralisi eterna. A poco serviva la sua forza fisica, a nulla la sua potenza ed i suoi muscoli, inutile la sua umanità. Il pianto era invincibile. Allora lui lasciò scorrere le sue lacrime chiedendo a lei di raccoglierle nella memoria a testimone del suo amore grande e lei lo sentì e le raccolse. Lui si addormentò mentre lei guardava le sue lacrime sorridendo innamorata. E’ così che il tempo tornò a scorrere, l’universo a vivere e lui a respirare. E’ così che lui vinse se stesso.
Blade Runner
E le immagini erano esplose nell’aria e prima non c’erano e poi c’erano e Lei non era più sola nel cielo e neanche nella città e nemmeno sui tetti e poi aveva riso perché non era più sola e le immagini erano grandi e erano anche silenziose e prima non c’erano e poi c’erano e Lei sapeva che sotto alle immagini c’erano persone ma non le importava perché ora non era più sola aveva le immagini che erano grandi e anche silenziose e il cielo era buio nero città che è il buio nero chiaro non il buio nero scuro della campagna e adesso la città era diventata Blade Runner e Lei da sempre voleva entrarci dentro ma non per i robot che non le piacevano e neanche per le pistole che erano fredde voleva le immagini che esplodevano ovunque e entrare nella foto famosa che era bellissima per tutti gli altri ma che a Lei non diceva niente e giù nella strada c’era la gente che vociava e non si vedeva e neanche si sentiva però si sapeva che c’era la gente e si sapeva e basta e anche la gente giù nella strada era dentro a Blade Runner ma non lo vedeva perché anche se alzava il collo era troppo bassa mentre Lei non era alta ma stava sul tetto e aveva visto l’immagine esplodere e si era alzata così era diventa ancora più alta e era entrata in Blade Runner ma adesso le immagini si erano spente e anche le persone sotto alle immagini e quelle giù nella strada erano sparite e Lei era rimasta sola sui tetti e la città era diventata un lungo piatto suono giallo su uno schermo nero zzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzzz. punto.