Addio

Rigava e tornava a rigare quella giovane guancia una goccia, gemma di puro dolore, trasparente e pura, gioiello e suggello dell’amore che tutto chiede e tutto dà. Lui, forte e muscoloso, tagliato per lo sport e la fatica, uomo che tutto parlava di potenza e virilità quella mattina e quel pomeriggio e poi ancora quella sera era crollato schiacciato dal peso di una lacrima che non si fermava: lei era partita lasciandolo dietro all’impenetrabile nastro dell’aeroporto di Malpensa, quello di fianco alle scale che salgono ai ristoranti. Si erano stretti forte, aggrappati agli ultimi momenti del loro amore fisico, ancora incapaci di lasciarsi andare alla memoria. Poi lei aveva attraversato l’oceano con un battito d’ali lasciando lui incollato al pavimento, impietrito, incapace di altro se non di cercarla con l’occhio oltre le divise del personale di terra, oltre l’orizzonte. Traccia di lei quella goccia a solcare il suo volto ed una promessa. Sì, certo si sarebbero rivisti: il loro viaggio assieme era solo all’inizio; sì certo avevano ognuno mille cose da fare: università da frequentare, risultati da ottenere, mondi da scoprire; sì certo…, ma ora sopravviveva solo quella stilla bagnata, esplosione vulcanica di vuoto, big ben del nulla da vincere, paralisi eterna. A poco serviva la sua forza fisica, a nulla la sua potenza ed i suoi muscoli, inutile la sua umanità. Il pianto era invincibile. Allora lui lasciò scorrere le sue lacrime chiedendo a lei di raccoglierle nella memoria a testimone del suo amore grande e lei lo sentì e le raccolse. Lui si addormentò mentre lei guardava le sue lacrime sorridendo innamorata. E’ così che il tempo tornò a scorrere, l’universo a vivere e lui a respirare. E’ così che lui vinse se stesso.