I tre amici

Era una giornata di sole e l’aria aveva il profumo della tranquillità. Pareva come stare dentro a una panetteria appena dopo la cottura del pane. Le loro chiacchiere serene saturavano di felicità quella strada asfaltata, troppo grossa per essere di alta montagna.
Loro erano lui, un ragazzo magro dall’ aspetto corvino; la sua fidanzata straniera e lei l’amica incontrata per caso molti anni prima, che aveva conquistato le profondità del suo cuore senza però provocare in lui l’amore. Stavano andando a fare una scampagnata fino su al ristoro; quello bianco con le finestre di legno e gli scuri rossi sulla curva con la cascata.
Erano così giovani!
La’ si fermarono a mangiare un panino con una birra bionda ciascuno, seduti all’aperto per respirare tutta quell’aria serena senza capire che loro ne erano la causa. Dopo il caffè, le due ragazze salirono in macchina per arrivare ancora più su sulla cima della montagna; là dove crescevano quei fiorellini blu grembiule delle elementari che tanto adoravano. Lui semplicemente seduto le guardava allontanarsi assieme. La straniera si mise alla guida mentre l’amica le si sedeva a fianco. Acceso il motore, l’auto partì. Chiacchieravano amabilmente senza badare troppo alla strada, quando l’occhio dell’amica cascò sul dirupo di fianco alla curva che stava arrivavano. Lei pensò che la macchina fosse troppo veloce; si chiese, anche, se la straniera sapesse cosa stava facendo, ma non fece in tempo a finire il pensiero che l’auto imboccò la curva con una traiettoria troppo larga e troppo veloce. Fu un attimo e furono nel vuoto. Era un dirupo profondissimo, guardando sotto capirono che non avevano scampo. Quel lungo volo le avrebbe uccise. Precipitarono coscienti della loro morte. Poi fu il nulla.
Quando tornò in sé stava camminando a fianco all’amico; si sentiva molto stordita. Rammentava il dirupo, la caduta e non si capacitava come potesse ora semplicemente camminare al fianco di lui. Lo guardò. Era triste; il suo sguardo aveva perso la luce; era come se fosse sul punto di dirle qualcosa che, però, gli stava costando uno sforzo infinito e lo invecchiava.
Lei conosceva a fondo l’amico e, in quello sguardo, tutto le fu chiaro. Allungò una mano verso di lui, gli sorrise e gli disse: “Sono morta vero?” lui non alzò gli occhi, rispose semplicemente: “Si’”. Continuarono a camminare affiancati. Aveva ancora un domanda da fare. “E’ morta anche lei?” “ No si è incredibilmente salvata…” Lui si girò verso di lei con il viso stravolto dal dolore, si abbracciarono forte e più che una stretta quello fu un avvinghiarsi l’uno all’altra per non lasciarsi andare. Senza pronunciare parola lei gli disse: “Sarò sempre con te” e lui a lei: “Non ti dimenticherò mai.” Poi l’aria tra loro si ispessì, i loro mondi si separarono, i due amici si persero.
Lui sposò la fidanzata straniera e costruì per lei una grande fazenda. Gli anni passavano e lui ogni mattina portava alla moglie dei fiori freschi e con i fiori le regalava sorrisi e abbracci ed il suo cuore felice. Spesso faceva per lei il buffone con quei fiori in mano. Ma il sorriso della moglie si era perso nel tempo ed ora non gioiva più dell’amore di quell’uomo maturo che aveva avuto tanto successo. Voleva da lui infinite premure, ma non riusciva a vedere quelle che quotidianamente le dava e così non ricambiava mai con una gentilezza. Pretendeva continua attenzione ai suoi discorsi colorati di superficialità. Il marito si annoiava a quelle mille parole, ma, per non dispiacerle, obbligava i suoi sottoposti ad ascoltarla al suo posto e rispondere con interesse a quelle parole vuote mentre lui faceva altro. L’amica, al di là dell’aria spessa, vedeva lo sforzo d’amore di lui e la grande infelicità di lei mentre la loro vita passava. Vedere respinto l’amore di lui in quel modo le procurava profondo dolore come se un pugnale le stesse aprendo il cuore. Un giorno, esausta da tanto dolore, tentò per lui tutto ciò che poteva, attraversò l’aria spessa ed andò a parlare con lei. Le chiese perché non riusciva a vedere il profondo sentimento di lui. Perché aveva preso a trattarlo a quel modo. Per tutta risposta la donna non più giovane tirò fuori una vecchia ciotola tutta sbiadita che una volta era stata colore del cielo di notte. Lei guardò quell’oggetto consumato dal tempo e le parve di riconoscerlo; in qualche modo le era familiare. “E’ tuo; glielo hai regalato tu. Non lo vuole buttare ed e’ con noi da sempre”. Disse la moglie tra forti singhiozzi. “Ma è una ciotola per far bere il cane, non ha valore! Perché è così importante che lui la butti?” le chiese lei. “Lui non ti ha mai dimenticata e ti porta nel suo profondo”. L’amica questo lo sapeva, lo aveva sempre sentito. Allora le chiese di nuovo:“Perché non riesci a ricomprendere in te l’interezza del suo cuore? Non puoi accarezzare anche quella parte di lui che mi tiene per mano?” La donna straniera non rispose, ma per tutta risposta iniziò ad urlare isterica.
No, non poteva farlo!
L’amico, sentite le urla della moglie, corse irrompendo nella casa spaventato. “Che c’è, che succede?” erano anni che lei non si trovava così vicino a lui. Infastidita e spaventata da quella donna ormai estranea corse tra le braccia di lui e lo strinse forte. lo fece senza pensare, un istinto. Lui sentì l’aria cambiare spessore. Apri le braccia lunghe distese e, frastornato, disse guardandosi in giu’: “Ma che mi succede?” Poi capì. Chiuse le braccia a contenere quell’aria ispessita, abbassò lo sguardo e con un sorriso a metà tra lo stupito ed il felice chiese: “ Sei tu, non è vero?” “Sì” lei rispose. Lui allora chiudendosi a cerchio più stretto: “Io ti ho portato sempre con me”.
Si tennero stretti, ognuno sul limitare del proprio mondo, senza più paura che quell’abbraccio potesse finire.