Il soldato

Era passato un anno ormai dal giorno in cui due parole, dapprima appena bisbigliate dentro di sé, poi timidamente sussurrate ed infine urlate al cielo avevano cambiato la vita a quella generazione sfortunata cui lui apparteneva. “E’ finita…” “E’ finita?” “E’ finita!” Quel canto universale ebbe il potere di mondare il suo corpo dell’adrenalina, da anni unico sussidio alla sua sopravvivenza in quel mondo di morte. Lui, uomo fuso alla trincea, finalmente si sentì libero, libero di non dover resistere. Si guardò intorno in quei luoghi che non riconosceva perché così ostili alla vita e, per la prima volta, si permise di cercare i segni dell’autunno, la natura al posto della forza nemica. Non era facile lasciarsi andare alla tranquillità, l’abitudine era altra. I giorni passarono e la trincea si allontanò. Quello sguardo dato alla terra tra buchi e i fili spinati, lasciò il posto a un’improvvisa voglia di vivere. Tutto ora era amico, tutto parlava di futuro. Là al freddo del fronte non c’era tempo per distrarsi con pensieri di vita, c’erano solo i compagni, carne pronta da macello come lui; ma ora, ora tutto era cambiato e, nonostante l’autunno, il mondo era in fiore ai suoi occhi. Tornò persino ad appoggiare lo sguardo su una ragazza, così solo per avere in cambio un sorriso. Lui la guardò, lei rispose agli occhi di lui e, per la prima volta in molti anni, nessuno dei due chiese all’altro un poco di vita per poter sopravvivere; furono liberi di potersi semplicemente sorridere e si sorrisero a lungo. La vita ricominciava, lentamente, ma ricominciava. Ora a distanza di un anno, il fermento dei primi tempi aveva lasciato il posto ad altro, perché non si poteva andare avanti ignorando ciò che gli occhi avevano visto ed il cuore provato. Era stato tanto vicino a morte e dolore da neutralizzare ogni angoscia; lui conosceva la paura così bene da averla resa innocua. Aveva anche dovuto neutralizzare pietà e rimorso. Ogni atto della vita passata era avvenuto più e più volte e questo bastava a dargli il rango di umano. Lui, oggi, era un Uomo che conosceva tutto perché aveva vissuto gli estremi. Sapeva tutto perché aveva dovuto staccare l’atto dal giudizio e questo lo aveva reso molto simile a un dio. Lui questo lo percepiva; così erano giorni ormai che andava pensando a quando, da bambino, aveva chiesto alla sua maestra delle elementari, una suora sincera, di quelle che amano onestamente e che pertanto la dottrina non aveva indurito, cosa sarebbe successo se lui fosse mai riuscito a vedere Dio. Lei gli rispose con quel suo dolce sorriso che sarebbe semplicemente morto perché una volta conosciuto Dio non ci sarebbe più stato spazio per nulla. La vita si esauriva in Dio. Non in realtà lei disse: “ La vita, conosciuto Dio, diventata Dio Ella stessa.” Queste parole gli martellavano il cervello perché, oggi, lui le riconosceva vere. Era stata la guerra a mostrarglielo. Lui si era accorto di aver consumato nel tempo di pochi anni ogni tipo di esperienza, forzato dagli eventi era entrato nei più reconditi anfratti dell’essere umano e ne era uscito vivo con un impressionante bagaglio di vita; non era impazzito e nemmeno si era lasciato andare; era cresciuto a dismisura tanto da eguagliare Dio. Andava così pensando cosa potesse ormai offrirgli la vita; stava forse sperimentando la morte annunciata dal sorriso della sua maestra suora perché lui si era alzato in piedi ed aveva guardato Dio dritto negli occhi? A portarlo a cospetto dell’essere supremo erano state le persone morte, uccise dalla sua baionetta; era stata la notte passata a fianco del cadavere del suo migliore amico, irrigidito dal freddo e dall’assenza di vita che però lo aveva comunque scaldato in quelle ultime ore assieme; erano stati gli occhi terrorizzati della ragazza tenuta prigioniera così a lungo. Era forse questa la morte descritta dalla sua maestra? Il vuoto creato dal troppo, che dopo aver portato pienezza passava oltre e diventava qualcosa che non apparteneva all’umano? È così che la vita diventa Dio Ella stessa? Questo lui andava pensando a un anno dall’ “E’ finita!” e in quel momento la sua vita era diventata piatta perché avendo provato l’estremo ed il suo opposto, ora non sapeva più cosa fare di se stesso. Al di là di Dio non c’era pienezza, c’era il nulla da abitare, e la sua natura umana si rivoltava al vuoto perché era destinata all’esperienza.