Il ragazzo e l’uomo

Loro sono due uomini. Uno adulto, cotto a puntino; in quell’età in cui si è sbocciati al’entusiasmo dell’indipendenza, senza avere ancora vissuto abbastanza per sentirne la fatica. Un uomo da “enta”, insomma. L’altro un ragazzetto che non meno di un mese fa si è alzato la mattina urlando a sua madre: “mamma da ieri sono un teenager”, cosa vera! … in un corpo, per dimensioni, adulto. Così la loro la possiamo descrivere come un’amicizia tra un Enta e un Teen. Accadimento raro oggi dove la differenza di età è una barriera divisoria impenetrabile che cade solo intorno ai cinquant’anni. Il giovane uomo, ancora non brizzolato, è un isolano e lo si nota dalla sua parlata che è tonda e ridondante, proprio come si addice ai suoni quando sono abituati a schiantarsi contro un mostro di enormità quale è il mare e che, per non dissolversi, devono tornare indietro sui propri passi e così si caricano ancora di più di se stessi. Ma a differenza della sua parlata, lui è un uomo fatto di corridoi e ponti, aperto alla vita e proiettato verso gli altri esseri umani che accoglie con un profondo sorriso dalla barba rasata. Il ragazzetto, invece, è nato e cresciuto in una metropoli e ha speso la sua giovane vita a metà tra la terra di nessuno, quale è la sua città, e la terra consacrata dall’altra parte del mondo, la terra indiana, ove suole passare parte della sua estate; così lui già sa che un fulmine non è sempre pericoloso allo stesso modo. È un ragazzino madre munito, ma non padre munito in quanto figlio di quel tipo d’uomo che ama alla follia il sangue del suo sangue, ma gli è sempre impossibilitato, per qualche incredibile motivo, spendere la propria vita a fianco della ricchezza in dna nata dai propri spermatozoi. E’ un tipo d’uomo-prodotto di questa era, lo si sta scoprendo, ma ancora non lo si conosce bene per darne una descrizione scientifica; tempo fa comunque non esisteva. Il giovane adulto ed il teenager si sono incontrati sul terreno di una passione comune, anche se par l’adulto stava significando lavoro e per il teenager vacanza un poco stile parcheggio per un grave problema sorto in casa. Qualcosa, durante quella quotidiana frequenza, è scattato tra i due uomini e da sconosciuti si sono trasformati in … famiglia … lo chiamerei. Non posso, da donna, descrivere un sentimento maschile perché non sono in grado di provarlo e pertanto mi è vietato riprodurlo in parole, ma posso descrivere ciò che i miei occhi hanno visto e, tra quei due, hanno visto nascere un’attenzione rara, fatta di disponibilità, presenza, gentilezza, costanza, rispetto; l’adulto verso il ragazzo ed il ragazzo di ritorno all’adulto. E’ come se loro due si fossero notati tra molti e scelti per costruire qualcosa che tocca l’intimo del loro animo, ma che ancora stanno scoprendo. Per questo non mi è venuta altra parola che famiglia, perchè entrambe le relazioni possiedono lo stesso nocciolo fatto di mistero e concretezza. Ed è qui che mi incanta la loro storia; è nel vederli scoprire e costruire quel legame che si è creato per un caso destino che li ha visti entrambi in un luogo ed in un tempo contemporaneamente. Quello tra i due giovani è un legame che li lascia liberi di vivere la propria vita tanto diversa per età, ma che rimarrà una costante nel loro futuro comune di uomini. Come lo so? Perché è un legame che li ha segnati. L’adulto lo dimostra con infinite gentilezze verso il ragazzo. Lui è un adulto che c’è in mille modi nella vita del ragazzino, ed è un esserci fatto di concretezze palpabili. E’ un esserci che si spende nel mondo reale e non nel mondo delle parole o delle intenzioni.
Che meraviglia a guardarlo!
Il ragazzo lo dimostra da ragazzo. Per descrivervi la sua bellissima modalità, do un nome all’adulto, poniamo che si chiami Antonio, anche se questo è più un nome da “anta” che da “enta”, ma gli si addice per i richiami eroici del nome al valoroso condottiero dimenticato per le sue gesta dai suoi discendenti ed osannato per le medesime gesta dai suoi posteri. Orbene quando il ragazzo parla a sua madre del suo amico adulto non lo chiama semplicemente Antonio, ma lo appella sempre dicendo: “il mio Antonio”; quando ciò accade, la madre sa che dentro al quel “mio” non esiste traccia di possesso, ma che tale parola è la culla di ciò che tra loro è nato per quel caso destino che rende belle le vite umane; la madre sa anche che quel “mio”, urlato felice, è il contenitore amorevole di ciò che entrambi vorranno metterci in futuro; è uno spazio vuoto da riempire di vita; così, quando il ragazzo dice “ il mio Antonio”, alla madre sobbalza il cuore di felicità, per quella condizione rara regalata al proprio figlio.
Che meraviglia a guardarli!
So, perché li ho sentiti direttamente, che nessuno più in quella casa chiama l’adulto Antonio, perché per tutti è diventato “Il mio Antonio”. Questa è la famosa proprietà transitiva che esiste tra madri e figli.
Ma, da donna, io so anche che quella madre utilizza tali parole per onorare agli occhi del figlio quell’amicizia nata tra lui, teen, e l’uomo negli enta.
Perché vi ho raccontato questa storia? Perché è una storia normale.