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New York giorno 2

New York giorno 2
E’ tempo di camminare la città. Voglio far sorgere e tramontare Manhattan proprio come fa il Sole. Partiamo dall’angolo tra l’undicesima avenue e la 34 ovest nelle Hudson Yards. Vedere un grattacielo in costruzione toglie il fiato; vedere un intero quartiere di grattacieli in costruzione, quasi quasi finiti, ma non ancora, blocca il sangue perché pare di essere nell’officina dei Giganti quando al mondo non esistevano uomini.
The Vessel, la scala rossa, alta otto piani e, forse, pensata per il mio amico Teo che sale in montagna correndo, è un Titano nano appoggiato alla piazza per non farti perdere nella tua bassezza. Poi, subito dietro, un grattacielo che sposta se stesso per dare un tetto alla gente assiepata. Lui trasforma la statica in dinamica e crea non poche difficoltà alla mia mente abituata a pensare all’architetture come ad un bene immobile e non certo mobile. Non riesco a staccarmi da questo luogo che porta scritto dentro di se’ il senso mistico del mondo gotico unito alla certezza del mondo romanico.
Lentamente questa piazza che un giorno sarà, ma che per ora non è, scompare. Chissà se il mio amico Teo arrivato su in cima al duemila cinquecentesimo gradino della scala scultura e’ riuscito ad acchiappare e a stringere stretto tra le mani il futuro? Lasciamo la salita agli sportivi, continuando la nostra camminata in questa foresta di ferro che ad un certo punto si trasforma in un bosco verde di vere piante. Il senso da verticale torna orizzontale ed i nostri occhi si abbassano fino a guardare il cemento del pavimento che si apre a contenere la terra che nutre gli alberi, oppure si alza a formare sedute per dare riposo alle gambe stanche. Siamo sulla High Line, l’unica linea di metropolitana al mondo che sui binari porta un giardino fermo invece di un treno che va. E siccome e’ bello guardare i giardini i Newyorkesi stanno ricostruendo ogni singolo edificio che accompagna l’High Line aprendolo a questo bosco orizzontale. Il silenzio, la calma, l’ordine e la pulizia di questo giardino che va, sono esaltati dall’assordante rumore dei mille cantieri che si snocciolano ai suoi due lati. Sono due mondi reali da vivere in contemporanea appoggiando un orecchio all’uno e l’altro all’altro. Al capolinea si scende di nuovo in citta’. Chelsea, l’elegante; il Village, sofisticato; Soho, il laborioso, NoLita, il sudamericano, Little Italy l’affollata commerciale, Chinatown, null’altro che Chinatown; Brooklyn, l’artistica, Williamsburg, la nuova New York….ecco la città che passa davanti ai nostri occhi. Ora e’ quasi buio e ci manca un’ultima cosa da fare dopo aver così a lungo camminato sulla buccia della grande Mela: salire. Per farlo torniamo agli anni della Belle Époque; sì, perché New York e’ anche un porto nel tempo che ti permette i voli pindarici. Mostro a mio figlio cos’era il mondo dell’Art Nuoveau cenando con lui nel Rockefeller Center. Il dolce per noi e’ New York servita di notte dal sessantasettesimo piano.

New York giorno 1

Eccoci finalmente nella Grande Mela; il primo assaggio ha l’odore forte del frutto andato a male sotto al sole d’estate. È un odore che si attacca al caldo, o forse è il caldo che gli si appiccica e lo fa cadere e spiccicare sui marciapiedi, così tu non puoi far altro che camminarci dentro e sperare di sopravvivere. Poi però la notte si porta via tutto compreso la nostra stanchezza ed il nostro fastidio per questa città afosa, appiccicosa, puzzolente, sporca e traboccante di umanità sudata.
Da dove inizio a conoscere quest’isola che ha voluto presentarsi così al mio sguardo stanco? Cerco un bandolo per metterla in chiaro ai miei occhi. Decido di partire dal basso; il sotto mi pare un buon punto per uscire dal buio.
Ground 0 è la prima fermata. Là dove la città è morta in un giorno seppellendo l’occidente sotto al odio fanatico di una religione presuntuosa ora ci sono due vuoti gemelli riempiti d’acqua e racchiusi a quadrato dai tremila nomi spariti. Visitare le fondamenta dei grattacieli abbattuti che ora ospitano il museo della memoria è come tornare a quel giorno in cui ognuno di noi ha respirato il medesimo fumo ed è quasi morto asfissiato. Ma dura poco; perché la città in questo punto è di una bellezza mozzafiato e mostra tutta la sua modernità nel nuovo che non è un rifatto è solo un nuovo. Ovunque alzi gli occhi i grattacieli ti parlano parole uniche, consci di dover dare qualcosa di molto prezioso in cambio del cielo rapito all’ umanità. È saltando di grattacielo in grattacielo che si arriva alla statua della Libertà. La Signora, come la chiamano qui, sta ritta sulla sua isola sbirciando con un occhio la grande mela e con l’altro il mare. Sono anni che non incrocia più gli occhi degli immigranti che ad ogni sguardo le davano un pizzico di gioventù in più, ma lei pare non darsi pensiero perché ora è questa città, un piccolo mondo nel mondo a nutrire la sua giovinezza.
Lei è il primo ponte di questo luogo che ha reso la costa un valore assoluto; filtro di vita, unione di luoghi. Dopo di lei, il ponte di Brooklyn che le siede accanto.
Lo percorriamo in bicicletta masticando felici le nostre cicche quando i miei occhi vengono presi dal tratto di costa appena sotto al ponte. È l’architetto ad essere sollecitato e mi butto a vedere cosa avviene là sotto.
Un lungo giardino a disposizione di tutti, appoggia moli dai volti nuovi nel fiume. Le industrie opulente hanno lasciato le loro fondamenta a parchi, piste, prati, campi da gioco, tavoli e barbecue. Ed è qui che la città per la prima volta ci parla. Sam, di origine araba fidanzato a una donna Domenicana ci invita a cena; ha cucinato spiedini di pesce e verdure. Scendiamo dalle nostre bici e ci godiamo il tramonto che cala sui grattacieli di Manhattan seduti a fianco di sconosciuti che ci hanno mostrato il profondo cuore di questa città ove ognuno è straniero ed indigeno allo stesso tempo.
Torniamo in Time Square incuranti di quanto sia appiccicosa, popolosa e puzzosa la città vicino al nostro albergo perché abbiamo scoperto che questo è solo un episodio dentro al vero valore cosmopolita di questo porto dell’umanità.