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Dimanticanza

L’uomo pareva disorientato: non perché si sentisse perso; sapeva benissimo di essere seduto sulla sua panca preferita, quella color del cielo con le forme cubiche voltate verso nord e sapeva benissimo che era lì perché gli piaceva guardare i profili delle montagne quando l’aria tersa dal vento rende luci ed ombre le rughe della natura.
Ma la coscienza di un desiderio smarrito ed ora riemerso come un essere che si e’ appena guadagnato la superficie per respirare dopo una lunga lotta contro le acque nere, si era da poco impossessata della sua memoria.
La sua mente, infatti, aveva dimenticato il desiderio e aveva anche dimenticato di aver desiderato.
Ora ricordava l’azione obliata e questo lo smarriva!
Dapprima fu immobilizzato nella consapevolezza della mancanza subita; poi fu dilaniato tra il conforto che viene dall’abilità di scordarsi un desiderio e non provare così alcun vuoto di vita, e l’angoscia per una memoria che aveva amputato alle radici la possibilita’ dell’azione volontaria, quella che da’ coscienza della vita stessa.
Se ne stava così seduto con lo sguardo perso dentro agli scherzi della sua memoria e l’occhio fisso nelle rughe della natura chiedendosi se questo fosse Alzheimer, demenza senile o semplice stanchezza e sentendosi un poco più prossimo alla morte, se non fisica, celebrale.
Per la prima volta nella vita ebbe paura della sua solitudine che ora non gli appariva più come un segno di libertà, ma aveva preso le sembianze di una fredda prigione dalle pareti di pietra nuda e dall’unica piccola finestra oltre la quale non si scorge il mondo perché nascosto dietro all’angolo della casa di fronte.
Quel giorno dimenticò di rientrare per pranzo.

La poppa

Ascoltare le onde richiede un occhio fino, un sedere sensibile e una mano d’artista. Le orecchie non servono a nulla e possono riposare davanti alle acque increspate a meno che non si vogliano usare le onde per suscitare in se stessi il pensiero romantico di un ricordo che ancora punge e si rifiuta di passare all’oblio, ma questa e’ un’altra storia. Occhio, sedere e mano hanno invece il potere di tenerti legato al momento e di farti scivolare nel profondo piacere di sentire quella piccola accelerata in discesa dall’onda. Non e’ possibile non amare questo istante di vita fatto di vento in poppa e di immenso nella mente. Allora guardi le spalle dell’ amico impegnato alle scotte e pensi che forse anche lui e’ entrato in quell’attimo di felicità profonda lavorando di braccia. Non glielo chiedi perché’ momenti così non hanno spazi per le parole. Essi ti impongono solo di tornare a guardare il movimento delle onde, sentire l’attimo in cui il sedere si alza e rispondere con un leggero movimento di mano che va verso e contro le onde. Onda dopo onda a sentire la bellezza della vita. Questo e’ il ritmo della completezza. Questo e’ il ritmo della felicità. Basta una discesa sotto spi!

Andar per mare

Andar per mare e’ come entrare nell’oblio. Il mondo oltre il fasciame svanisce all’orizzonte. Le acque ti cullano rollando, incoscienti del tuo andare. La vita si restringe ai compagni del tuo viaggio, nati dall’abisso e sfuocati all’orizzonte. Tu stessa ti contrai per adattarti a quel mondo piccolo e ti dilati per affiancare l’infinito. E’ un gioco di equilibri estraneo ai punti fermi. Poi torni in terra d’uomo, c’e’ un attimo impreciso che ti dondola nel vento; poggiando i piedi fissi sai che il mare t’ha spostato l’ombelico passando per l’oblio.