Colazione

Questa mattina stavo tranquillamente facendo colazione con il mio lungo caffè bollente quando mi trovai in bicicletta lanciata giù per un pendio mozzafiato; ancora spaventata per la discesa venni proiettata in un salto nel cielo che ai miei sensi durò alcuni anni. Il mio stomaco si capovolse e credo che anch’ io mi girai con lui, poi finalmente toccai di nuovo, con le ruote, il terreno, ma durò poco perché ancora volando mi vidi. Ero finita, senza saperlo, sul casco di un ciclista un poco fuori di senno. Soffro di vertigini, fammi scendere, gli urlai, ma il suo momento era tale che non mi ascoltò e mi fece saltare con lui finchè tutta quella forza non si esaurì. Quando atterrammo e ci fermammo, fu tutto un movimento di mani e di dita che felici esaltavano la nostra impresa. Io scesi dal casco e guardai il mio caffè; era ancora bollente e tranquillo nella tazza blu scuro che reggevo in mano. Lo sorseggiai ascoltando scendere fin giù nello stomaco quel liquido profumato e caldo. Ma qualcosa di nuovo attirò la mia attenzione; erano urla di gatto. Pareva che qualcuno lo stesse uccidendo. Vidi davanti a me una fitta vegetazione e due mani cercare freneticamente. I miei occhi si appiccicarono a quelle mani. Spostammo l’ultima foglia e lì era il gatto mezzo mangiato da un pitone che tutto lo arrotolava. Le mani faticarono ad aprire quel corpo rettile, ma l’animale non era così forte da vincere e così, senza sapere perché, si ritrovò, arrotolato, su un braccio scuro senza più il suo pasto tra i denti. Il gatto, riacquistato il suo corpo, schizzò via come una scheggia sparata. A me, invece, ci volle qualche secondo per capire che intorno non avevo la foresta pluviale, ma un tavolo bianco, due sedie rosse e quattro verdi. Quando i miei occhi tornarono al loro posto, vidi di nuovo la mia tazza blu scuro con il caffè fumante nel cuore. Finalmente riuscii a vuotarla ed iniziare la mia giornata lavorativa. Ma le sorprese non erano ancora finite. Rimasi di stucco quando capii che il mio intero corpo si era inoltrato in due occhi blu, intenso mare, con un tocco di cielo, ingrigito al contorno, e lì si era perso.
Decisi di non andarmi a cercare. E lasciai al mio corpo la libertà di parlare:
“Credo che oggi rimarrò nei tuoi occhi se me lo permetti; voglio sedermici dentro e guardare il mondo da qui, nella pace della bellezza che ti appartiene. Lascia che io mi versi un altro lungo caffè bollente e goda di te.”
Così il mio corpo oggi siede pacifico in quegli occhi blu intenso mare, con un tocco di cielo, ingrigito al contorno, intanto che il resto di me vive e lavora.